Il professore e il pazzo a caccia di parole per il Dizionario britannico

ROMA. Parole, storia, orgoglio britannico e melodramma. Con 'Il professore e il pazzo’ di P. B. Shemran, tratto dal bestseller di Simon Winchester, non ci si annoia, come capita quasi sempre quando si parla di una storia vera a cui si aggiunge la performance di due attori premi Oscar in stato di grazia: ovvero un misurato Mel Gibson e uno straordinario Sean Penn in versione matto.
La storia, che sarà in sala da giovedì con la Eagle Pictures, è davvero incredibile quanto poco nota. Ovvero il racconto dell'amicizia tra il serioso professor James Murray (Gibson), filologo britannico a cui venne affidato nel 1857 l'incarico di redigere l'Oxford English Dictionary, e William Chester Minor (Penn), un assassino folle rinchiuso in un manicomio criminale londinese.
Come questi due mondi così lontani si sono incontrati? Semplice, tramite la gloriosa posta britannica. James Murray, conoscitore esperto di decine di lingue e dialetti, al quale venne affidata la redazione del primo dizionario al mondo di lingua inglese, non trovò affatto facile l'impresa. Così, insieme al suo staff, decise di coinvolgere la gente comune invitandola a mandare, via posta, il maggior numero di parole possibile.
Ma in realtà a salvare Murray fu proprio William Chester Minor, ex chirurgo militare, in manicomio per aver ucciso un uomo in un attacco di schizofrenia, che, maniacalmente, riempì la sua cella con un enorme schedario pieno di voci che inviava puntualmente ogni settimana a Murray. L'impegno di Minor era lo stesso a cui si sottoposero per più di settant'anni centinaia di volontari fra Inghilterra e Stati Uniti, ovvero quello di leggere più libri possibile, segnando le parole degne di nota, insieme all'anno della prima apparizione e alla citazione che meglio definisse la parola stessa. A dare un tocco melò a “Il professore e il pazzo”, che potrebbe restare altrimenti solo un affascinante thriller filologico-semantico, è lo sconfinato senso di colpa del fascinoso Chester verso la vedova e i molti figli dell'uomo che aveva ucciso. «Ciò che avevo di fronte a me era una storia intensa e molto contemporanea - dice il regista - come 'The Social Network' e 'The Imitation Game’. Le speranze, le ambizioni e le lotte del professore e del suo collaboratore pazzo non hanno solo una sorprendente somiglianza con quelle di Zuckerberg, Jobs e Gates, ma sono quasi un loro presagio. Non è un film d'epoca, ma un'opera completamente attuale che sembra solo essere ambientata in un periodo precedente».
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