Kasia Smutniak tra Est e Ovest premiata al Trieste Film Festival

TRIESTE Kasia Smutniak è in città. È arrivata ieri sera in un elegantissimo total back, giusto in tempo per salire sul palco del Politeama Rossetti e ricevere l’Eastern Star Award, il riconoscimento che il Trieste Film Festival assegna ogni anno a una personalità del mondo del cinema che con il suo lavoro ha contribuito a gettare un ponte tra l’Europa dell’est e dell’ovest. «Sono onorata e felice per questo premio che mi ha permesso di venire a questo festival a presentare un film, “(Nie)Znajomi”, che trattandosi del remake polacco del film di Paolo Genovese “Perfetti sconosciuti” non potrebbe rappresentare meglio questa idea”».
Del film Kasia Smutniak non è solo interprete ma anche produttrice ed è interessante notare come pur partendo dalla stessa idea di plot i due film si sviluppano in direzioni diverse, adattandosi alle società che raccontano. L’attrice e modella che presto vedremo su Sky al fianco di Patrick Dempsey e Alessandro Borghi in “Devils” e poi in “Domina”, ambientata nell’antica Roma nel ruolo di Livia Drusilla, non ha un ruolo dei sogni anche se ama scegliere personaggi diversi da sé, né un regista in particolare con cui vorrebbe lavorare: «Sono stata fortunata a lavorare con molti autori che stimo e potrei anche dire Jim Jarmusch, sono cresciuta vedendo i suoi film, ma per scaramanzia non voglio neanche dirlo. Un ruolo femminile forte? Pochi registi in Italia sanno raccontare le donne. E la ragione è nella società. È la società che non pensa alle donne. Finché saranno solo registi uomini a raccontare, tutto ruoterà attorno a loro. Un fenomeno tipicamente italiano».
Per cominciare la giornata di oggi, alle 10.30 al Rossetti, il programma “Fellini East West” regala la proiezione in anteprima assoluta, in collaborazione con Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia, della copia restaurata di E la nave va, “un film - affermano i direttori del festival Nicoletta Romeo e Fabrizio Grosoli - che nel racconto della fine di una civiltà, ci chiama in causa tutti, con la forza di un'opera profetica". Era il 1983 quando il cineasta romagnolo incantava e stupiva con questa sua singolare opera lirica e sognante, felliniana sin dal titolo, scritta a quattro mani con Tonino Guerra, una delle opere più mature della sua filmografia. Lettura lucida e pessimista della società e del suo inesorabile declino, ma anche un raffinato racconto meta-linguistico, un viaggio a ritroso nelle forme del racconto cinematografico.
Stasera alle 20, sempre al Rossetti, la consegna del Cinema Warrior Award, cui seguirà la proiezione dell’atteso film di esordio di Davide Del Degan “Paradise, una nuova vita”.
Nato nella stessa fucina produttiva e di idee di “Easy - Un viaggio facile facile” (con lo stesso Andrea Magnani che qui firma la sceneggiatura) e girato quasi interamente a Sauris, il film narra la storia di due esclusi del mondo, destinati a incontrarsi e confrontarsi. Protagonista è Calogero (Vincenzo Nemolato), venditore di granite siciliano la cui vita è sconvolta nel momento in cui assiste per caso a un delitto di mafia. La scelta di collaborare con la giustizia, infatti, lo costringe a cambiare vita dall’oggi al domani. Di punto in bianco si trova sotto il programma protezione testimoni, tra le montagne del Friuli innevate, di fronte a un mondo sconosciuto e per lui a tratti incomprensibile. Per un errore burocratico, anche il killer contro il quale ha testimoniato, nel frattempo pentito, viene spedito nella stessa località. “Lo stile è volutamente tragicomico - afferma Del Degan - e attinge dalla lezione del cinema di genere e d’autore, dove la scuola di partenza è la commedia all’italiana che utilizza una fisicità e un umorismo talvolta grotteschi per dare risalto alla tragica vita dei personaggi. L’intento è quello di concentrare lo sguardo sui protagonisti, di liberarli da ideologie e missioni sociali per far emergere tutti i contrasti ». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo