La “primavera isontina” di Francesco Imbimbo dedicata a Sepúlveda

l’esposizione
Via Rastello è storicamente la strada delle botteghe di mercanti e artigiani, il centro nevralgico del commercio di Gorizia, l’anima della città. La sua recente pedonalizzazione rende quest’arteria ancora più importante e frequentata e numerose sono le iniziative che prendono vita, come l’associazione culturale che si chiama appunto Via Rastello. In un periodo in cui molti esercizi commerciali hanno dovuto sgomberare i loro spazi, l’associazione ha saputo ideare percorsi tematici temporanei, incontri, declamazioni di versi, visite guidate, e le vetrine della strada sono state riconvertite in chiave creativa diventando le sale per una sorta di galleria d’arte all’aria aperta. Una “primavera isontina” che si basa sulla collaborazione tra diverse realtà del territorio, dai circoli fotografici a quelli letterari fino a quelli dell’arte contemporanea come Prologo. In particolare l’ex ferramenta Krainer si avvia a diventare, da qui al 2025, la cornice ideale per esperienze di scambio culturale, anche in una prospettiva transfrontaliera, senza disdegnare un’atmosfera conviviale che comprenda il comparto enogastronomico. Tra gli artisti attivi in queste iniziative c’è Francesco Imbimbo di cui si è appena aperta un’esposizione proprio nelle vetrine dell’ex ferramenta Krainer di via Rastello, una mostra omaggio a Luis Sepúlveda ad un anno dalla morte. «La notizia della sua scomparsa a causa del Covid - racconta l’artista- mi parve sintomatica: l’insidia di un virus che è il contraccolpo di un incancrenito dissesto ambientale rappresenta un tema non indifferente per lo scrittore cileno. Così ho confezionato una sorta di “Veronica laica” attraverso un esperimento catartico di ritratto traslato in forma di impronta sindonica elaborata a partire dallo studio di fonti fotografiche». L’approccio di Imbimbo è come quello di un regista, dal taglio progettuale: le sue installazioni assumono l’aspetto di vere e proprie macchine sceniche in una dimensione di “teatralità diffusa” in cui vengono coinvolte risorse artigianali specializzate, dalla falegnameria alla tornitura, dalla lavorazione di plexiglass alla serigrafia.
Da tempo ispirato da Carlo Michelstaedter, Imbimbo ha rivisitato di recente la soffitta goriziana del filosofo in forma di installazione. «Fu nella soffitta dell’amico e dirimpettaio Nino Paternolli - continua l’artista - complice il temperamento meditativo dell’inseparabile Rico Mreule, che il giovane Michelstaedter mosse i suoi primi passi lungo l’ascetico cammino che lo avrebbe portato a lasciare una traccia luminosa negli annali della filosofia. Lì, nel suo habitat popolato da fantasmi, ho posto la lampada fiorentina dalla triplice fiamma come perno simbolico, quella stessa di cui scrive Carlo: “La lampada si spegne per mancanza d’olio, io mi spensi per traboccante sovrabbondanza”».
Un altro progetto di Imbimbo rivisita il tema dell’Ultima cena in chiave contemporanea: “L’anno che Gesù salì sul Calvario senza cena” è uno spoglio scenario sfrondato dai soliti personaggi e contestualizzato nelle surreali consuetudini dell’era Covid. Una simbolica passione che accomuna il comparto della ristorazione e quello dell’arte che stanno scontando il contraccolpo più forte di questa sospensione forzata. L’appuntamento del 2025 comincia intanto a profilarsi e Imbimbo lo vede, più che una lusinga, come uno scossone salutare per Gorizia: «Credo che la città si coronerà del titolo di capitale solo se si renderà conto di non esserlo ancora. Il suo fascino di cittadina a misura d’uomo non fa ancora di Gorizia una città a misura d’artista. Però se riuscisse a dotarsi di spazi dedicati alla valorizzazione del contemporaneo, diventerebbe un interlocutore più credibile per scambi culturali di alto livello come già avviene per la ricerca storiografica e la cinematografia». —
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