La sapienza dei maestri di Israele, da Jehudà nei secoli

Adriano Lo Monaco è uno scrittore milanese. Ha esordito con “La verità di Vivenzio” (Maschietto Editore) vincendo il Premio Mondello. Il suo ultimo romanzo, “La meteora di luglio” (Biblioteca dei Leoni) si affida sempre a un percorso storico, com’è nella poetica dell’autore. Con un incipit boccaccesco Lo Monaco ci narra la storia di quattro ragazzi capitati per caso allo stesso tavolo di una locanda, luogo in cui inizieranno le loro confidenze e riflessioni contro i potenti dell’epoca. Da lì l’inizio di una metamorfosi che li accompagnerà per tutto il viaggio mentre un gigantesco meteorite si abbatterà sulla Terra provocando morte e distruzione. I giovani sopravvivranno al cataclisma e anche alla loro tempesta interiore. Siamo nel 1535 e i quattro protagonisti sono Bernardino Telesio, Etienne Dolet, Michele Serveto e Francois Rabelais. Il suo consiglio: «Negli anni della mia formazione di scrittore ho da sempre trovato una fonte inesauribile di forme, figure, profili e parvenze nella tradizione sapienziale dei Rabbini di Israele. Un prezioso libretto che mi accompagna ormai da molto tempo e che fa da viatico, se così si può dire, ad ogni mia giornata, è la raccolta “Detti di Rabbini” (Edizioni Quiqajon) che un celebre Rabbi, Jehudà, vissuto nel secondo secolo della nostra era, ha ricevuto, trasmesso e fissato per le generazioni future. Una catena ininterrotta della sapienza dei maestri di Israele che attraversa cinque generazioni. Molti dei personaggi, storicamente accertati o anche solo immaginati, dei romanzi che ho scritto finora affondano là le loro radici, pur non appertendo – come io stesso del resto – a quella etnia. Ma il senso di universalismo che quella tradizione incarna e diffonde splendidamente, traccia in ogni sembianza un profilo di umanità perenne. Come nel caso di quel “detto” che vede il mondo poggiato su tre pilastri che danno stabilità a ogni cosa, così come al cuore dell’uomo e che potremmo indicare nello stupore per l’Infinità che ci circonda, nel rispetto per ogni forma di vita e in un cuore che si apra alla compassione e alla misericordia per ogni nostro simile». —

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