La storia dimenticata del sex symbol triestino, divo dei fotoromanzi, scomparso nel mistero

L’attore Paolo Rosani morì in Brasile precipitando da una finestra a 33 anni. Oggi indaga la figlia Sarah tornata a Trieste

TRIESTE Una coppia di «belli e dannati», lui protagonista di fotoromanzi, lei di film erotici, scivolati negli eccessi della dolce vita romana e disgraziatamente vittime di tragedie e misteri. Una figlia piccolissima lasciata ai nonni per un mese, che poi sono diventati quindici anni, in una Trieste anni Settanta fiaccamente chiusa nei propri confini. Un paio di occhi blu. Un collirio, e un B&B. Non sono gli indizi di un giallo, bensì alcuni degli elementi portanti di una storia tutta triestina. Una storia che nasce a Trieste, si sviluppa a Roma, si tinge di giallo in Brasile e poi torna a Trieste, piombando sulle cupole celesti della chiesa di San Spiridione in piazza Sant’Antonio Nuovo.

È qui, su queste cupole, che cade lo sguardo fiero di Sarah Rosani, 50 anni appena compiuti, romana di nascita e per metà vita, per l’altra metà trascorsa a Trieste, dove quattro anni fa è tornata per aprire un B&B. Sarah è figlia dell’attrice francese Annie Carol Eden e di Paolo Rosani, classe 1949, il triestino dalla bellezza ipnotica che incollò migliaia di donne ai fotoromanzi di Grand Hotel, e che ancora oggi più di qualcuno ricorda come “uomo Stilla”, dal nome del noto collirio per il quale fece da fortunato testimonial con i suoi giganti occhi blu.

Sarah è frutto di un amore tra i due attori scoppiato nel 1970 sul set del film “Esotika, erotika, psicotika”, di Radley Metzger, e durato tre anni. Una relazione finita in disgrazia, con una lettera-bomba spedita da ignoti a casa dei due, che fece perdere la vista da un occhio a papà Paolo. In seguito a quell’accaduto l’uomo decise di emigrare alla ricerca di una nuova vita in Brasile, a San Paolo, dove invece trovò la morte a soli 33 anni precipitando dalla terrazza di una villa in circostanze misteriose durante un festino dell’alta società.

Una storia avvolta da tinte fosche, di cui le cronache parlarono poco, e che ora Sarah Rosani vuole raccontare, complice l’interesse di due scrittori e giornalisti romani e alcuni gruppi nati su Facebook in Brasile per ricordare il genitore. «Finalmente sono pronta per parlarne – racconta -. Nel 1988, sei anni dopo la morte di mio padre, ricevetti la telefonata di una donna che aveva provato a rintracciarmi per lungo tempo. Era una sua amica brasiliana, che mi riferì dettagli inquietanti sulla notte della tragedia, e decisi di andare in Brasile per tentare di fare chiarezza, ma fu inutile: l’accaduto era stato archiviato come un incidente. A quella festa – spiega - c’erano persone facoltose, politici, imprenditori, che mio padre frequentava laggiù in Brasile, dove aveva ritrovato grande popolarità grazie ai fotoromanzi e alle telenovelas, e grazie al suo sguardo folgorante (la lettera-bomba scoppiata alcuni anni prima in casa gli aveva fatto perdere parzialmente la vista, ma non gli occhi, che erano rimasti belli come prima, ndr.). In quell’alta borghesia brasiliana fatta di lussi ed eccessi in cui mio padre era finito – continua – trovò la morte in circostanze che ancora oggi rimangono un mistero. Diciamo pure che le indagini furono archiviate velocemente e che a quel tempo nessuno della nostra famiglia ebbe la possibilità di fare granché: io ero a Trieste con i nonni paterni, che di certo non avevano i mezzi per andare in Brasile a indagare, anzi, dovettero vendere la casa a Grado per riportare in Italia la salma del figlio».

Sarah Rosani è serena mentre racconta le sue vicende familiari. Bella, alta, sottile, con una dose massiccia di grinta ed elettricità, ulteriormente aumentate dallo stress da disdette per coronavirus, attraversa con falcate decise il corridoio e le stanze del suo adorato regno triestino, un bed&breakfast con quattro stanze luminosissime in stile shabby chic, che si avvicinano così tanto alle cupole del tempio serbo-ortodosso che pare di poterle toccare. «Le cupole sono un incanto e danno energia positiva – dice - necessaria più che mai in questa città, che ho imparato ad amare, ma di cui ancora detesto alcuni atteggiamenti, in primis quello di fregarsene della propria bellezza, data per scontata, poco valorizzata».

La donna, cresciuta a Trieste con i nonni dall’età dell’asilo a quella dell’adolescenza, poi fuggita nella capitale per calcare le scene di programmi televisivi e accomodarsi nei salotti romani, a 45 anni è tornata a Trieste, dove ha aperto questa piccola struttura ricettiva. Da ex modella, ex valletta, ex attrice ed ex organizzatrice di eventi, oggi è felicemente imprenditrice di se stessa e guarda a nuovi investimenti, convinta dell’enorme potenziale turistico di questa città, così allettante rispetto a un mercato saturo e assurdamente costoso come quello capitolino.

«Quando sono tornata ho trovato una città completamente diversa, splendida, finalmente vivace – racconta -. Negli anni Ottanta ero scappata perché mi sembrava un luogo cupo, isolato, una specie di città segreta ignota ai turisti, che qui in Sant’Antonio avevano quasi esclusivamente le fattezze dei clienti dei jeansinari. Onestamente non credevo ci sarei tornata e invece la vita cambia, gira, offre sorprese incredibili. Quando penso alla Trieste degli anni Settanta e Ottanta, e guardo quella di oggi, ancora non ci credo. Però continuo a rimanere basita davanti ad alcuni atteggiamenti troppo diffusi in questo luogo, seduto pigramente sulla propria bellezza. Ho l’impressione che in molti non abbiano ancora colto che qui sta scoppiando una bomba, che si chiama turismo, investimenti, stranieri. C’è un sacco di gente che vuole investire e che spesso, come me, incappa in una mentalità che non si è aperta con la stessa velocità con cui si sono aperti i confini. Ma l’importante è non mollare».

«Io sono figlia di due belli e dannati e oggi sono sola al mondo – racconta ancora -. Mio padre mi manca e di lui conservo poche immagini. Ma mi fa piacere che riviva nei ricordi delle persone che, ancora oggi, ricordano il suo viso. Di lui - continua Rosani - so che era straordinariamente bello e che gli piacevano molto le fotografie. Ne ha fatte parecchie anche a Trieste, in particolare di tramonti. Oggi la sua città è diventata più bella. Sono sicura che gli piacerebbe».


 

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