Lacosegliaz racconta la sposa di Sarajevo

TRIESTE. Dieci giorni fa, nel suo monologo quasi apologetico su Trieste griffato Salone del caffè, il grande Moni Ovadia Ne ha tessuto entusiastiche lodi. «Alfredo Lacosegliaz - ha detto più o meno il massimo divulgatore della cultura yiddish nel nostro Paese - è quello che mi ha introdotto, quasi quarant’anni fa, alla musica balcanica. E gliene sarò sempre grato. Spero che questa città prima o poi lo onori come si deve...».
Incassati cotanti complimenti da cotanto pulpito, il sessantaduenne musicista triestino è già pronto per una nuova avventura, a metà strada fra musica e teatro. Venerdì alle 21 alla Biblioteca Quarantotti Gambini, in via del Vento, e in caso di maltempo all’Auditorium della Casa della Musica, debutta infatti con il suo nuovo spettacolo: “La sposa di Sarajevo e Ahmet Jusuf”, tratto dalla novella “Zapisi o Simeunovici i Ahmet Jusufu”, di Novak Simic. Ovvero: «Una narrazione dal sapore popolare dei Balcani che porge leggera significanti profondi. Il peccato é dentro di te. Lo si può mai sfuggire?»
«Lessi la novella da cui è tratto lo spettacolo forse quarant’anni fa - ricorda Lacosegliaz -. Successivamente conobbi Giacomo Scotti, il traduttore. L’altr’anno a giugno portai al Sarajevo Peace Event la mia installazione “L’insostenibile arte della guerra” e visitai i luoghi della narrazione. Sempre l’estate scorsa ebbi il privilegio di conoscere in un festival a Brioni Ahmed Buric, poeta, autore, attore e musicista di Sarajevo. Finì a tarallucci e rakija (super alcolico per eccellenza nei Balcani - ndr) suonando e cantando sevdalinke (canzoni d’amore della Bosnia - ndr) fino alle quattro del mattino. Fu un segnale. Decisi di mettere in scena la novella per le troppe coincidenze bosniache».
Lo spettacolo è un omaggio allo scrittore Novak Simic e a Sarajevo, a sottolineare che la Bosnia Erzegovina non è soltanto terra di guerre e di conflitti ma anche di culture, religioni, tradizioni e convivenze. Viene guidato da una proiezione di disegni animati (a cura di Giulia Marsich), nei quali gli attori virtuali dialogano dallo schermo con una danzatrice e un mimo, alternati e integrati da una piccola grande orchestra. Quasi un’operetta di sapore etnico, insomma.
Ancora Lacosegliaz: «Siamo all’interno di un ambiente cosmopolita dove musulmani, ortodossi e cattolici si affannano a scacciare una presunta possessione diabolica e dove Ahmet Jusuf, paradigma universale di guerriero stanco di guerra, si interroga nelle sue allucinazioni sull’esistenza del demonio».
Lo spettacolo - che rientra nella stagione Trieste Estate, promossa dal Comune, con la collaborazione della Casa della musica - è in italiano e bosniaco. Ed è con Valentina Norcia, Valentino Pagliei, Ornella Serafini, Orietta Fossati, Cristina Verità, Sašo Debelec, Fabio Zoratti. Voci recitanti: Ahmed Buric, Daniela Picoi, Sabina Nuhefendic, Ornella Serafini, Maurizio Zacchigna, Gualtiero Giorgini, Adriano Giraldi, Paolo Privitera, Amir Karalic. Consulenza linguistica e ricerche iconografiche a cura di Sabina Nuhefendic.
Il giornalista e traduttore Giacomo Scotti, napoletano, classe 1928, che nel ’47 scelse la Jugoslavia, vivendo prima a Pola e poi a Fiume, nello spettacolo compare in voce come attore.
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