L’America di Jarmusch da Palma d’oro

Il regista in gara col poetico “Paterson”. Da Nichols ci si aspettava di più

CANNES. C'è l'America di oggi e di ieri nei film di Jim Jarmusch e Jeff Nichols, passati nelle ultime ore al Festival di Cannes 2016. Una visione minimale e poetica quella di "Paterson", firmata dal regista di "Daunbailò" e "Coffee and Cigarettes", "Ghost Dog" e "Broken Flowers", "Dead Man" e "Only Lovers Left Alive", inserito quest'anno per la decima volta nella selezione ufficiale; più tesa e sofferta quella di Nichols in "Loving", ambientato nelle assolate campagne della Virginia sul finire degli anni '50. Meriterebbe la Palma Jarmusch, tra i registi più anarchici del cinema contemporaneo, capace di prendere il volo con una storia piccola, ipnotica e leggera, scandita dalle consolidate abitudini quotidiane in cui si nasconde, agli occhi di chi la vuol vedere, la poesia. Paterson è il nome del protagonista (sublime Adam Driver), che di mestiere guida gli autobus e per diletto annota versi su un quadernetto. Ma è anche il nome di una località del New Jersey che in passato ha ospitato la creatività di William Carlos Williams e di Allen Ginsberg. È qui che vive Paterson, assieme alla fidanzata e al suo cane. Ogni giorno si alza alla stessa ora e al volante del suo mezzo percorre le strade osservando l'America delle periferie e l'umanità che vi abita. Jarmusch riflette sul suo Paese ma anche sul gesto artistico, sul linguaggio e sulla straordinaria capacità di guardare il mondo, cogliendone la magia dell'effimero. Magistrale.

L'America di Nichols è invece quella segregazionista degli anni '50 che non ammette le unioni tra bianchi e neri. Ma Mildred e Jordan Loving (realmente esistiti e qui interpretati da Ruth Negga e Joel Edgerton), innamorati l'uno dell'altra e intenzionati a formare una famiglia, decidono di sposarsi. Una scelta contro la "morale" dell'epoca che sconteranno con la prigione e con l'imposizione di un lungo esilio lontano dagli affetti, interrotto dalla rivendicazione dei propri diritti. Il film è più che onesto, ma da Nichols ci si aspettava qualcosa in più.

Beatrice Fiorentino

Riproduzione riservata © Il Piccolo