L’amore tra vecchi, Scimone rompe il tabù

TRIESTE. L’amore. Canzoni, film, romanzi, parlano d’amore. Ogni secondo che passa, milioni di persone dicono, scrivono, pensano la parola amore.
Davvero c’era bisogno che anche l’ultimo lavoro teatrale di Spiro Scimone si intitolasse proprio “Amore”?
«L’amore come lo intendo io non è l’amore come l’intende un altro» puntualizza Scimone, autore dello spettacolo in scena da martedì 28 alla Sala Bartoli del Rossetti (fino a domenica 3 marzo e poi, sabato 11, a Udine per Teatro Contatto). «L’amore è un sentimento che travalica tempo e spazio, d’accordo, ma non è mai uguale. Ho scelto apposta questo titolo, per dimostrare una compagnia teatrale come la nostra, che è sulle scene da più di vent’anni e ha lavorato spesso sulle tensioni e minacce che percepiamo come collettive, può condividere con gli spettatori un sentimento potentemente individuale».
Dunque l’amore secondo Scimone. E anche secondo Francesco Sframeli, che fin dagli anni ‘90 forma con lui uno dei sodalizi artistici che più ha contribuito alla trasformazione della drammaturgia contemporanea in Italia, esportata in molte occasioni all’estero.
Il primo autore, il secondo regista, siciliani, ed entrambi attori in questa pièce “erotica” che vede anche in scena Giulia Weber e Gianluca Cesale.
«Nella nostra carriera teatrale ci sono titoli altrettanto semplici come “Bar”, “Il cortile”, “La busta”, “Pali”. A volte sono stati associati alle atmosfere e alle tensioni che costellano i testi di Beckett e Pinter. Riconosco l’ispirazione, ma questa volta il tema delle paure, così decisivo in quegli autori, è completamente ribaltato. Ci chiediamo e chiediamo anche al pubblico di superare le proprie, prima fra tutte la paura di amare, che fra tante è la peggiore. Perché aver paura di amare significa mettere a morte la vita. La chiave di volta è invece liberare l’amore».
Non solo quando si è giovani e appassionati, ma anche al tempo delle rughe - si deve aggiungere - visto che protagonisti di questo gioiello di scrittura, riconosciuto come miglior testo italiano 2016 ai recenti Premi Ubu, sono “una vecchietta” e “un vecchietto” che, tra vuoti di memoria e ricordi incredibilmente vivi, dialogano fitto fitto. E ci invitano a scoprire nella parola amore ciò che pensavamo fossero invece i fastidi dell’età che avanza: il cambio dei pannoloni, il lavaggio delle dentiere, la crema per prevenire le irritazioni.
Accanto a loro, e altrettanto protagonisti, due vigili del fuoco anch’essi in là con gli anni. Ma finalmente liberi di dichiararlo e viverlo, il proprio amore, senza vergogna e senza dover nascondersi “dietro l’autobotte”.
Esilaranti momenti comici si alternano nel corso dello spettacolo a pensose finestre aperte su un paesaggio cimiteriale: due tombe in primo piano e sullo sfondo quattro cipressetti disegnati con mano quasi bambina (le scene sono di Lino Fiorito) .
«La mia immaginazione si nutre di immagini che vedo, di incontri che mi capitano, di letture. Mi alimenta il mondo, ma anche un mondo come lo vorrei cambiare. A un certo punto succede che una forza magnetica attragga a sé tutte queste esperienze: così maturano in me i personaggi. All’inizio indistinti e vaghi. Poi è la scrittura a scolpirli sempre più nitidi, con la loro storia, spinti sul palcoscenico da una necessità: difficile dire se è mia, oppure loro».
La scrittura di Scimone ha la leggerezza della favola e la sapienza dell’apologo. I dialoghi fatti di frasi brevi, musicali ripetizioni, un rimpallo di battute tra le quali spesso si infila la risata. Se non fosse che le riflessioni che “Amore” suscita stanno maledettamente al centro della vita reale. Provare per credere.
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