Lassù sulla grande Ovest del Montasio dove Julius Kugy diventerà un film

Una montagna compagna di una vita, luogo ideale per risalire alle entità dell’alpinismo
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TRIESTE Novembre 1997, giorno di pioggia. Sono seduto in silenzio, mentre ascolto il racconto di chi ha conosciuto Giulio Kugy e me ne traccia il ricordo che ne ha, ora che è anziano. Ho con me una telecamera che registra quei momenti.

«Kugy xe morto nel '44 e mi lo gavevo conossudo intorno al '38- '40. Lui passava un per de mesi in vilezatura presso la famiglia Oitzinger, che iera i parenti de la sua guida. Perchè lu gaveva nei vari loghi dove che l'ndava... el gaveva: de la parte italiana de la Raccolana, i Pesamosca, i Piussi; ne la Val Trenta el gaveva Spik, Komac. Perchè el ga incominciado da ragazzo. e sempre el suo miraggio iera, le Giulie no?...».

Ero stupito da come i suoi ricordi fossero in sintonia perfetta con il testo del mio film.

Sarà… stato quel libro? Forse la sua lettura mi ha spinto a partire. Un giro alpinistico, un viaggio con me stesso, dovevo stare solo. Ora sono tra queste montagne del Friuli: le Alpi Giulie. Sono rimasto colpito e incuriosito dalle descrizioni di questi luoghi fatta da Giulio Kugy nel suo ultimo libro intitolato: "Dal tempo Passato". Giulio Kugy: scrittore, alpinista, amico delle piante e dei fiori, come lui si definiva, amante della musica. Valbruna per lui era un luogo speciale; qui aveva una stanza riservata, sempre pronta, in casa della guida alpina Anton Oitzinger.

Nei suoi libri tratteggia queste montagne assieme ai ricordi di vita alpinistica e di vita quotidiana, descrivendo i personaggi di quei tempi: i cacciatori, le guide alpine o i semplici amici e compagni di cordata.

E' stata la curiosità di vedere quanto fossero cambiati questi luoghi che mi ha fatto partire. Chissà se scoprirò questi monti essere ancora uguali a quelli che vide Kugy durante le sue salite. Ecco lassù la Forca del Montasio, sono quasi arrivato all'attacco; speriamo che vada tutto bene. Versante Nord-Ovest del Montasio, mille metri di parete da percorrere, il mare verde di abetaie della Val Saisera e della Val Dogna sotto i piedi.

"La via Kugy-Horn è una delle più belle e grandiose ascensioni alpinistiche del gruppo". Così c'era scritto nella guida “Alpi Giulie” di Berti.

Non certo per la difficoltà; è l'ambiente che qui ti avvolge. Severo e affascinante, lungo il quale verdi cenge, ammantate di coloratissimi fiori, canaloni impressionanti che scendono come se non avessero fine, fanno provare, a chi sa guardare dentro sé stesso, serenità, angoscia, gioia, solitudine, soddisfazione.” Le Giulie e il Montasio sono diventate un luogo speciale, il mio rifugio, dove, nel bene e nel male, fino ad oggi ho trascorso momenti irripetibili. Sin da quando, dopo aver completato il testo per il progetto del film “Una salita tra le Giulie”, ho percorso la parete Nord-Ovest del Montasio, per la prima volta lungo la Via Kugy Horn. Con me la videocamera, due fidati amici legati in cordata come assistenti e l’attore protagonista della salita in solitaria, soggetto del film. Noi due siamo slegati e scopriamo la parete mentre giriamo le scene. Un mondo magico che si traduce con il montaggio in un’opera che varrà per la giuria di Trento un premio speciale. come “miglior opera di autore italiano” al Filmfestival nel 1998. Premio inaspettato, ma che rappresenta probabilmente un premio più che al film, all’amore che ne traspare dalle immagini, come fa intuire la menzione: “il ritmo del film segue il ritmo della montagna. Le Alpi Giulie con la loro «wilderness» divengono il luogo ideale per risalire alle entità che da sempre danno valore all’esperienza dell’alpinismo. Quel sentirsi «parte» della montagna che i ritmi dell’alpinismo di un tempo permettevano, fino alle «corse» alle pareti estreme, agli exploit che invece tutto questo precludono e che costringono l’alpinista ad essere inconsapevole prigioniero di sé stesso.”

E la magia di questo luogo mi ha stregato al punto che ci sono ritornato più e più volte. Ci sono ritornato con i miei amici, con i miei cari, legato in cordata o in libera senza corda con altri compagni e compagne di vita e di avventura. Nel 2002, per celebrare con un film il centenario della prima salita compiuta da Kugy assieme a Komac, Oitzinger e l’amico Bolaffio sono salito sulla “Nord del Drago”, come veniva descritto il Montasio da Kugy, per la sua forma: “A destra scende, oltre la spalla di nord-est, una cresta turrita, come quella d'un drago gigantesco, che dà al Montasio, visto dalle Dolomiti e dai Tauri, appunto quella fantastica forma di drago che molti hanno notata. L'ho battezzata perciò la Cresta del Drago.”

Ci sono ritornato più e più volte, in estate e in inverno. Molte volte per la normale, molte volte per il canalone Findenegg, molte volte per la via di Dogna. Nel 2011, in inverno, la prima ripetizione assoluta in invernale della parete Ovest, in tre giorni di arrampicata con due bivacchi, dal 6 al 8 febbraio, immerso nella sua selvaggia natura di neve, rocce e ghiaccio assieme al mio compagno di cordata, protagonista della salita in solitaria lungo quella stessa parete, nel film oltre vent’anni prima. E infine tante ricerche, seguendo l’ombra di Vladimiro Dougan , negli anfratti delle pareti di Val Dogna e del Montasio.La magia di un luogo magico, che mi accompagna sempre. —

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