L’Austria sconfitta in cerca di identità si ritrovò nazista

Un saggio analizza il Paese dopo la Grande guerra Giovedì la presentazione all’auditorium del Revoltella
«L’Autriche est ce qui reste»: così George Clemanceau, primo ministro francese, definì sprezzantemente il piccolo stato nato sulle ceneri dell’impero asburgico alla fine della Grande Guerra. Uno stato con una testa enorme, Vienna, partorito dal Trattato di Versailles dove la sete di vendetta di Clemanceau contro i “boche” aveva prevalso. Ciò che resta della Cacania musiliana nel 1918 è una “creazione dei vincitori” che deve maturare una propria identità, proprio perché è il risultato dello smembramento dell’impero, tolte Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, Jugoslavia. Uno shock che però rende la Erste Republik un laboratorio ricchissimo di stimoli: e non si tratta di “storia morta” perché le analogie con i nostri anni la rendono quanto mai viva. Un laboratorio definito da Karl Kraus “di ricerca per la distruzione del mondo”, che dura vent’anni, dalla fine del conflitto all’Anschluss, e che tocca tutti i campi delle umane attività: politica, economia, società e cultura.


Questo eccezionale periodo è stato oggetto nel 2007 di un convegno a Napoli e Salerno con studiosi di vari atenei italiani, francesi e austriaci. Gli atti vennero pubblicati in tedesco nel 2012. L’edizione originò una serie di incontri a Vienna e a Napoli che hanno offerto nuovo materiale il quale, unito a quello del 2012, è stato raccolto nel volume
“L’Austria nell’Europa degli Anni Trenta”
a cura di
Francesco Saverio Festa, Erich Fröschl, Tommaso La Rocca, Luigi Parente e Angelo Maria Vitale (edizioni Lit, Roma, 671 pagine, 33 euro)
che si avvale di ben 40 contributi di studiosi delle varie discipline. Il volume sarà presentato giovedì, 15 giugno, alle 17, all’Auditorium del Museo Revoltella in una manifestazione organizzata dall’Associazione Italia-Israele e dal Circolo della Stampa con il contributo del Comune.


Il volume si articola in cinque parti: Filosofia e politica; Filosofia, cultura e società; Storia e economia; Testimoni del tempo e una tavola rotonda su “L’Austria e l’Europa”. I nodi centrali che vengono dipanati sono: l’identità, l’antisemitismo, i fascismi e le questioni nazionali e sociali.


L’identità gli austriaci devono costruirsela: la dissoluzione dell’impero e la caduta della dinastia li ha lasciati senza punti di riferimento, mentre il Paese ribolle. Da una parte la Vienna “rossa” realizza grandi conquiste sociali nel lavoro, welfare e case popolari con il sindaco socialdemocratico Karl Seitz, arrivando nel ’34 a sperimentare la “Comune” (interessante il parallelo con quella di Parigi) repressa nel sangue. Dall’altra si fronteggiano due movimenti di destra: il Partito Cristiano Sociale, capeggiato dal sacerdote e teologo Ignaz Seipel che da cancelliere risana l’economia, devastata dal costo dei danni di guerra e dall’iper-inflazione, ma che non esita a utilizzare i paramilitari fascisti della Heimwer per reprimere l’insurrezione socialista del 1927; l’altra organizzazione reazionaria sono i nazional-socialisti.


In questo marasma nasce l’”homo austriacus” diviso tra la prospettiva dalla ricongiunzione alla “madre patria germanica”, trasversale ai vari partiti, e quella della cittadinanza in uno stato autonomo. Ma quale è l’identità di quest’uomo che vive in uno Paese in “perenne guerra civile”, che “deve andare oltre il finis Austriae”, liberarsi dall’eredità dell’impero asburgico, stato soprannazionale par exellance, e creare la “nazione austriaca”? L’elaborazione filosofica e giuridica è formidabile. Un nome su tutti, Hans Kelsen, il maggior teorico giuridico del ‘900 che ha influenzato le Costituzioni del secolo breve in vari Paesi, compreso il nostro.


Paradossalmente è l’avvento di Hitler in Germania a rinforzare l’identità austriaca che si manifesta anche attraverso la letteratura, considerata fonte indispensabile per la storia. Del resto a Vienna sono di scena personaggi come l’”impolitico” Robert Musil, come Joseph Roth, che è riduttivo considerare il cantore della Felix Austria, specie se si valutano i suoi formidabili articoli, che si collocano nel solco dei “reportage sociali” che devono “scuotere la coscienza pubblica”, e Hugo von Hofmannsthal, che inventa un linguaggio immaginario per cercare l’armonia tra l’elemento tedesco e quello slavo. Nell’ambito dell’informazione, si sviluppa un giornalismo militante, attento alla questione sociale, nonostante le veementi accuse di Karl Kraus, altro gigante della cultura austriaca, che si scaglia contro i giornali asserviti in un “infame intreccio tra la lingua e il sangue”. Lui ce l’ha soprattutto con l’eterna “nemica” la Neue Freie Presse.


Legato alla questione identitaria è l’antisemitismo, male antico dell’Austria (e dell’Europa) che si acutizza con il massiccio arrivo degli ebrei dell’Est tra fine ’800 e inizi del ‘900. Vivono nel “ghetto volontario” di Leopolstadt, scrive Roth, “hanno molti figli, non sono abituati all’igiene e alla pulizia e tutti li detestano”. Lui, ebreo assimilato, da buon giornalista rappresenta lucidamente il pensiero degli ebrei viennesi degli altri distretti. Nella capitale vivono, stando al censimento del ’23, 201.513 ebrei, il 10,8 per cento della popolazione totale. L’antisemitismo è forte già prima della Grande Guerra e ha il suo campione nel borgomastro che trasforma la città in metropoli, il cristiano sociale Karl Lüger, che Hitler definisce il suo maestro: non occorre aggiungere altro.


Le precarie condizioni in cui versa il Paese in questo ventennio devono trovare un capro espiatorio e gli ebrei lo sono per antica tradizione. Pur essendo in gran parte assimilati e ben inseriti nei campi dell’informazione, della cultura, della scienza e dell’economia non riescono a vincere le “mistificazioni intellettuali” denunciate da Musil. Con l’Anschluss si compie il dramma: Vienna diventa “Die Stadt ohne Juden”, preconizzata dal romanziere Hugo Bettauer nel ’25. Roth, che già nel ’33 aveva lasciato Berlino all’avvento del nazismo, scrive a Zwieg: “Non scommetto un centesimo sulla nostra vita, Siamo riusciti a far governare la barbarie. Non si faccia alcuna illusione. Governa l’inferno”. Non resta che fuggire: il corridoio verso la salvezza è l’Italia e i suoi porti che la collegano con le Americhe, e la Palestina. Trieste diventa la “porta di Sion” perché le navi del Lloyd Triestino portano a Giaffa e Haifa.


Nel ’38 l’Anschluss spegne anche quel che resta della democrazia austriaca. Nel primo decennio della Prima Repubblica il quadro politico era diviso in quattro campi: cristiano-sociali, socialisti, nazionalisti e liberisti. Il confronto è aspro e divide pure le città, Vienna soprattutto, dalla campagna e dai piccoli centri. Mentre nella capitale, come si è visto, si impone l’austromarxismo con tutte le sue divisioni e contraddizioni, il fronte reazionario è diviso tra i clerico-fascisti e i nazional-socialisti. La crisi economica del ’29, la prima che gli Usa rifilano all’Europa, segna l’apice nel 1930-31 con fallimento del Creditanstaldt, che sembrava “too big to fail”, e invece collassa assieme a tutto il sistema bancario costringendo il governo a spendere somme enormi. Vi ricorda qualcosa?


L’effetto delle crisi economiche post-bellica e del ’30-31 è il malcontento popolare strumentalizzato dalle destre. Ma allo stesso tempo sono gli anni in cui filosofia, dottrine giuridiche, letteratura, musica e scienze, su tutte la psicanalisi, toccano vertici altissimi e gli ebrei sono protagonisti di questa vivacità intellettuale. Però il secondo decennio è segnato dalla dittatura clerico-fascista di Dollfuss, salito al potere nel ’32 e assassinato dai nazisti nel ’34, perpetuata da Schuschnigg fino al ’38, quando viene costretto alla dimissioni. Il cancelliere da sempre contrario alla “riunificazione” sostiene il Fronte Patriottico e tenta pure di indire un referendum sul tema, ma viene dissuaso da Mussolini, il grande protettore dei clerico-fascisti austriaci che però li abbandona dopo l’asse con Hitler. Con l’arrivo a Vienna del Führer, Schuschnigg viene arrestato e inviato a Dachau. Su Vienna comincia una lunga notte.


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