Le “mission impossible” di Barbara Fornasir architetto della fantasia

Nel volume pubblicato da Luglio Editore raccolti i progetti dell’archivio e le testimonianze di chi l’ha conosciuta

Marianna Accerboni

A un anno dalla sua scomparsa, avvenuta il 18 maggio 2019, i “sogni” dell’architetto Barbara Fornasir, progetti realizzati e non, si avverano tutti. Grazie ad Antonella Caroli, che ha recuperato e analizzato il suo corposo archivio e ha voluto pubblicare un libro che, realizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Trieste e con la famiglia, su iniziativa della sezione triestina di Italia Nostra, e intitolato appunto “I sogni di Barbara”, è in libreria da questa settimana.

Caratterizzano l’agile pubblicazione una linea grafica elegante, firmata da Šeherzada Ahmethović, collaboratrice per qualche anno della Fornasir, e, quale colore-guida, quel rosso intenso che lei aveva scelto per allestire nel 2017 al Salone degli Incanti la mostra della ricca collezione d’arte di Vittorio Sgarbi e della madre Rina Cavallini.

In 231 pagine (editore Luglio) e un accurato e colorato contrappunto tra numerose foto e testi, scorre la vita di Barbara, quella lavorativa e quella privata, che solitamente, nell’esperienza di un architetto, sono in pratica inscindibili. Vi si avvicendano le tappe di un’esistenza scandita sul filo della creatività e della tenacia, iniziata nel ’51 a Gorizia, dov’era nata in una famiglia in cui l’arte del costruire è di casa: progettisti che per tutto il corso del ‘900 fino a oggi sono stati attivi tra Cervignano, Monfalcone, Gorizia e Trieste, occupandosi di opere pubbliche e di edilizia privata.

Dopo l’intervento dell’assessore alla Cultura Giorgio Rossi, che ricorda la liaison tra Barbara e la municipalità in varie “impossible mission”, che lei riusciva spesso, nonostante le difficoltà, a portare a termine, seguono, tra gli altri, i ricordi di Elisabetta Sgarbi e della stessa Caroli, Rossana Bettini, Stefano Cosma, Zeno Saracino, Alex Pellizer.

Il ritratto privato di Barbara è poi stilato attraverso il ricordo affettuoso e famigliare della bellissima madre Marialuisa Marceglia Fornasir, della sorella Virginia e del fratello Marco, giornalista, che la ricorda “volare” e vincere sugli sci, passione della sua vita; e le parole puntuali del figlio Giovanni Cagnato, che traccia di lei un ritratto professionale preciso, redatto con amore consapevole.

Le immagini, accompagnate dai testi scritti da Barbara per i suoi progetti, raccontano poi la sua poliedrica creatività, fatta di colore e di idee originali, di sottili e coraggiosi coup de théâtre espressi con misura e con stile, come quella volta che tappezzò parte di palazzo Costanzi con pagine del Piccolo in una mostra dedicata ai fotoreporter del quotidiano. O la sedia libro-mini sala di lettura perfezionata con Sgarbi. E poi l’Utopia, da cui prendono forma ed energia gran parte dei lavori realizzati degli architetti. Per Barbara fu la salvaguardia del Porto vecchio, battaglia di una vita, espressa nel libro attraverso numerosi progetti. Fedele al concetto, presente per altro in tutti suoi lavori, del rispetto per la storia e le preesistenze. Inizialmente designer di mobili e di arredi d’interni, architetto per passione – decisione che aveva già preso a 4 anni, forse ispirata dalla professione del padre ingegnere – da progettista di restauri intuitiva e al passo con i tempi, già dagli anni ’90 si era dedicata anche alla bioarchitettura, divenendo delegata di zona dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura. Una sezione del libro lo racconta assieme alla sua originale rivisitazione e progettazione di caffè storici, negozi e ristoranti, alla testimonianza dei suoi studi, dal Metrocubo a quello di via Corti, alla Biennale diffusa e alla Biennale Internazionale Donna in Porto vecchio, come ricorda la presidente dell’Associazione BID Alda Radetti. A breve, il suo patrimonio librario verrà conferito al “Kapannone” di Angera dello scrittore Andrea Kerbaker, dove sarà creato il Fondo architetto Barbara Fornasir, mentre è in programma una mostra delle sue opere in collaborazione con il Comune di Trieste. —

Riproduzione riservata © Il Piccolo