Le vecchie “Ombre su Trieste” raccontate in un film perduto

Torna alla luce, dopo essere stata inconsapevolmente custodita per più di mezzo secolo tra gli scaffali dell’Archivio di Stato a Roma, la sceneggiatura di un film perduto, intitolato “Ombre su Trieste”. Tra gli autori che ne firmano la paternità, anche un giovanissimo Tullio Kezich, che all’epoca, oltre alla critica portata avanti sulla rivista “Sipario”, si dava da fare nel cinema anche come segretario di produzione (nel film di Luigi Zampa “Cuori senza frontiere”), come sceneggiatore e persino come attore. Siamo nei primi anni ’50, quando l’atmosfera particolare che si respira in quegli anni, l’occupazione militare, la guerra fredda e la “questione giuliana”, eleggono Trieste, frontiera tra due mondi, a location privilegiata per numerose produzioni legate a vicende di spionaggio e intrighi internazionali.
Solo tra il 1951 e il 1952 sono addirittura sei i film - dai titoli di per sé evocativi - girati nel capoluogo giuliano: “Trieste mia!”, “La ragazza di Trieste”, “Clandestino a Trieste”, “Inganno”, il già citato “Ombre su Trieste”, e persino un film americano, “Corriere diplomatico”, che annovera nel cast anche il divo Tyrone Power (che però non girò mai in città).
L’edizione 2014 del Festival I Mille Occhi, che si terrà dal 12 al 16 settembre al Teatro Miela, intende ripercorrere quel periodo per recuperarne (ove possibile) le copie e restituirle agli spettatori in una rassegna dedicata. Si deve dunque a Sergio M. Germani, direttore artistico del Festival e fine studioso, l’avvio delle ricerche portate avanti da Maurizio Radacich e Simone Starace, che hanno reso possibile la preziosa scoperta. Questa ha preso il via da un interesse filologico non solo per gli aspetti storici ma anche per quelli legati alle vicende produttive che spesso ammantano i film di mistero.
«Non credo sia possibile rintracciare una copia del film per settembre – afferma Germani – ed è anzi probabile che questo sia andato perduto per sempre. Ecco perché è stato particolarmente importante recuperare la documentazione che intendiamo offrire al nostro pubblico».
Oltre alla sceneggiatura, dalla quale si possono evincere tutti i particolari relativi alla storia, sono state infatti rinvenute anche una quarantina di foto di scena originali, attraverso le quali è possibile farsi un’idea ancora più precisa, riconoscere le location e respirare l’atmosfera del film. “E’ su questo che sarà imperniato il lavoro del Festival”, dice ancora Germani.
La sceneggiatura di “Ombre su Trieste” porta la firma di Nerino Florio Bianchi, regista del film, con la collaborazione di Giorgio Bergamini, Roberto Bertea e il già citato Tullio Kezich, all’epoca poco più che ventenne, preso inizialmente in considerazione anche come interprete. Ma tra i nomi coinvolti si riconoscono anche quelli di Ketty Burba, “Miss Trieste” nel 1951, Livio Lorenzon (successivamente tra gli interpreti principali de “Il vedovo” di Dino Risi), e Osvaldo Cavandoli (animatore della celebre “La Linea”) che si è occupato della realizzazione degli effetti speciali.
Il film venne interamente finanziato con capitali triestini, incontrando non poche difficoltà politiche da parte di Alleati e Jugoslavi, per le spinose tematiche di confine affrontate. Prodotto dalla Ariston Film, società fondata nel 1949 che avrà comunque vita breve, il progetto è reso possibile soltanto grazie all'impegno e alla dedizione di un gruppo di giovani appassionati, che nel settembre 1951 mettono in cantiere una produzione a basso budget (circa 50 milioni), sfruttando soprattutto la suggestione dei luoghi a loro disposizione. Gli interni si girano negli stabilimenti Icet di Milano, mentre per gli esterni ci si muove soprattutto nei dintorni di Trieste: Prosecco, Slivia e Sistiana.
Ispirato a fatti reali e costruito in flashback, il film narra l’esperienza di quattro giovani collaborazionisti che nel 1945 abbandonano le Brigate Nere dandosi alla macchia. Dopo uno scontro coi Tedeschi che li porta a rifugiarsi sui monti del Carso, i quattro sbandati si fanno passare per partigiani, diventando così un punto di riferimento per la popolazione del luogo. In realtà le dinamiche all'interno del gruppo si fanno sempre più tese, soprattutto perché il capo, Carmine, comincia a sfruttare la propria autorità a loschi fini personali. Il finale, tragico, vedrà appunto la resa dei conti fra questi criminali di guerra, che arriveranno a eliminarsi l'uno con l'altro.
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