L’unico romanzo di von Hofmannsthal in una nuova traduzione o lingua-ponte

“Sapeva di aver sognato, ma la verità contenuta nel sogno lo pervase tutto di felicità.” Il protagonista dell'unico romanzo di Hugo von Hofmannsthal è un giovin signore austriaco del diciottesimo secolo il cui viaggio di istruzione da Vienna a Venezia diventa la metafora della laboriosa ricerca di se stesso che ognuno deve affrontare. “Andreas o I riuniti” (Del Vecchio Editore, pp. 306, euro 17) è una storia di formazione dallo stile ricco di struggenti immagini, pervasa da una languida musicalità e da quel senso di fine e di morte tipici del decadentismo viennese. Una trama in cui si consuma il conflitto tra una spinta alla metamorfosi e l'esigenza morale di restare fedele a se stessi nella contemplazione di una bellezza che va oltre la realtà. Il romanzo è un capolavoro incompleto della prosa impressionista di Hofmannsthal e di quel suo simbolismo fatto di immagini preziose, termini ricercati, sensualità.
In Carinzia Andreas si innamora della giovane Romana che, quando lui deve partire, gli regala metà della sua catenina d'argento a promessa del futuro ricongiungimento. La labirintica Venezia si rivela il regno della dissimulazione e dell'inganno, delle maschere e di due personaggi che sconvolgono la vita di Andreas: il Cavaliere di Malta, suo alter ego più perfetto, e Maria-Mariquita, fanciulla che si trasforma da spaurita e dimessa in una provocatrice sensuale. Questa nuova edizione, dopo quella di Gabriella Bemporad di settant'anni fa, propone il testo in una forma che non è presente neanche in tedesco. Si tratta di una traduzione e di un'edizione critica insieme in cui Andrea Landolfi, studioso riconosciuto di Hofmannsthal da più di trent'anni e Premio nazionale per la traduzione di Goethe nel 2019, ricostruisce elementi del testo anche filologicamente oltre che criticamente, restituendo comunque una prosa molto leggibile e godibile.
Nelle intenzioni del poeta e drammaturgo viennese il libro doveva essere “il racconto di gioventù e crisi di un giovane austriaco in viaggio per Venezia nell'anno della morte di Maria Teresa” ma nella narrazione il percorso si trasforma assumendo le tinte fosche di un rito iniziatico. Il progetto di “Andreas” impegnò Hofmannsthal dal 1907 al 1927 e divenne il romanzo simbolo di uno degli scrittori più significativi del Novecento. Si intuisce, quindi, quanto l'opera di traduzione possa essersi rivelata complessa. «È stato un lavoro molto impegnativo - dice Landolfi -. È sempre molto più difficile lavorare su un testo che già si conosce approfonditamente da lettore, oltre che da studioso. Nel mio caso, poi, cantavano in sottofondo non una, bensì due voci: quella dell’originale – la lingua di Hofmannsthal, limpida e cristallina eppure profondissima, abissale – e quella della splendida, ancorché ormai superata dal tempo, versione italiana di Gabriella Bemporad – datata e ormai improponibile, certo, ma ancora piena di fascino e suggestione».
Landolfi si è impegnato per trovare una via personale: «Il mio intento è quello di dare conto di tutte le acquisizioni della filologia hofmannsthaliana dal 1930 a oggi per restituire al lettore di oggi una versione appropriata di quel capolavoro, nella piena consapevolezza – che è di ogni traduttore, e dovrebbe essere anche di ogni editore – che le traduzioni invecchiano e che il punto di contatto che ogni traduzione, pur buona, riesce a istituire con l’originale è effimero e friabile, e sempre soggetto a revoca. Al di là del doveroso rigore filologico, insomma, l’accoglienza di una traduzione si gioca tutta sulla capacità del traduttore di proporre una lingua-ponte che da un inarrivabile e remoto originale riesca a raggiungere senza troppe perdite una realtà attuale, linguistica ma anche socioculturale, spesso distratta e sviata». —
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