Michael Shannon diventa diavolo buono

BERLINO. Alla 66.a Berlinale la temperatura si abbassa, il cielo si rischiara e la prima giornata del concorso se ne va, regalando ai numerosi fan che si assiepano nella zona di Postdamerplatz un altro red carpet da urlo. Di urletti, anche ieri, se ne son sentiti parecchi soprattutto al passaggio delle due star del giorno, protagonisti nel film di Jeff Nichols "Midnight Special": Michael Shannon e Kirsten Dunst.
Il primo è il "crazy bad guy" di Hollywood, quello che ormai da anni presta il volto ai personaggi più tortuosi giocando la carta di un fascino torbido e oscuro. Poliziotto corrotto in "Senza Freni" (David Koepp), folle matricida in "My Son, My Son, What Have Ye Done" (Werner Herzog), agente immobiliare senza scrupoli in "99 Homes" (Ramin Bahrani) e ancora commissario dell'antiproibizionismo dedito all'autoflagellazione nella serie Tv "Boardwalk Empire", in preda ad attacchi di lucida follia in "Revolutionary Road" (Sam Mendes) e ad apocalittiche allucinazioni in "Take Shelter" (uno dei precedenti film di Nichols). Lei, con la sua apparenza fragile e ribelle, coniuga in un viso rinascimentale la spensieratezza e la malinconia della "Marie Antoinette" di Sofia Coppola e di Lux, una delle sorelle "vergini suicide", ma soprattutto, ruolo che nel 2011 le vale la Palma d'Oro per la migliore interpretazione femminile, la depressa Justine di "Melancholia", con la firma Lars Von Trier.
Sono entrambi sorridenti e affabili a Berlino, abito verde oliva con tasche in contrasto per lui e un vestitino chiaro per lei impreziosito da ricami e un merletto nero che le conferisce un'aria un po' retrò. Con loro ci sono i compagni di set Joel Edgerton e il dodicenne Jaeden Lieberher (già co-protagonista di "St. Vincent" con Bill Murray), che nonostante la giovanissima ostenta maturità invidiabile nel rispondere alla stampa (assente Adam Driver, anche lui nel cast).
In "Midnight Special" Shannon smette i panni del diavolo per scoprire il suo lato più tenero. Il personaggio che interpreta è Roy, padre di Alton, un bambino di otto anni con poteri speciali, intenzionato a proteggere il figlio con ogni mezzo. Insieme alla madre (Dunst) e a un amico fraterno (Edgerton), affrontano un viaggio pieno di pericoli e un distacco doloroso.
Un film che segna il ritorno alla fantascienza degli anni '70-'80, agli "Incontri ravvicinati del terzo tipo" e a "E.T." di Steven Spielberg con echi di Carpenter e Shyamalan, ma che è anche metafora esistenziale, del diventare adulti e del ruolo che i genitori hanno nell'accompagnare i figli all'appuntamento con la vita.
Senza tuttavia rinunciare all'originalità di Nichols e ai tratti più caratteristici del suo cinema. Un cinema che vive e si muove sempre arditamente al confine tra realtà e mistero.
Il regista fa centro confermandosi uno degli autori più interessanti del cinema americano contemporaneo.
Altri due i film in concorso: l'onesto "Hedi", di Mohamed Ben Attia, storia di un amore impossibile nella Tunisia dove ancora ci si unisce in matrimoni combinati, e il pretenziosissimo "Boris sans Béatrice", film concettuale e pieno di velleità che si addentra con grande arroganza e altrettanta superficialità nelle dinamiche di rapporto uomo-donna. Puro onanismo.
Mentre domani, attesissimo, è il gran giorno dell'italiano Francesco Rosi, unico portabandiera in gara a Berlino.
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