Nella notte a Parigi un gioiello letterario tra paura e desiderio firmato Jean Rhys

Nuova edizione Adelphi di “Buongiorno mezzanotte” dell’autrice di origine caraibica che fu conosciuta nel 1966 con “Il grande mare dei Sargassi”



Jean Rhys, un’autrice che non ebbe fortuna, all’inizio, almeno finché non pubblicò “Il grande mare dei Sargassi”, nel 1966. La tristezza, la crudeltà e il rimpianto sono i temi della sua poetica, in linea con la sua esistenza, piuttosto movimentata ma anche dotata di una certa lentezza, di un certo lasciarsi andare agli eventi, quasi un’accettazione passiva di ciò che per lo più è destinato agli uomini, ovvero l’infelicità. Ce lo dice chiaramente anche nella nuova edizione Adelphi di “Buongiorno, mezzanotte” (pag. 170, euro 17, traduzione di Miro Silvera), che esce a seguito di “Quartetto” e “Io una volta abitavo qui”. «Non è che queste cose accadano o che sopravviviamo ad esse - dice la protagonista Shasha a proposito di come la gente riesca a reagire ai drammi - ciò che rende la vita strana è che vengono dimenticate. Anche quel momento che hai pensato fosse la tua eternità svanisce e viene dimenticato e muore. Questo è ciò che rende la vita così buffa». Sensazione buffa ma tragica e probabilmente condivisibile.

“Buongiorno, mezzanotte”, come gli altri libri di Rhys, è una straordinaria prova letteraria, un perfetto incrocio tra la lezione della letteratura modernista e la sensibilità caraibica (da cui Rhys proviene). La storia si consuma interamente in una notte, in una Parigi bohémien. Shasha è una donna non più giovane che nelle sue passeggiate notturne medita sul passato e sulla sofferenza di un cuore decisamente non adatto alla sensibilità che lo accerchia. Non è la sola, durante questo viaggio notturno incontra altri personaggi la cui vita ha riservato dolore. Tra gli altri René, forse un giovane gigoló che tenta di sedurla. Ed è lì che si esprime il nocciolo del romanzo, Shasha non cederà a ciò che potrebbe rappresentare la felicità di un momento – almeno uno – per paura, non di lui, ma della vita, degli altri: «Ho paura degli uomini: sì, molta paura. E ancor più delle donne. E ancor più di tutta la dannata razza umana». Una notte parigina che è un piccolo gioiello letterario, modulato com’è tra sensualità esotica e registri visionari che falsificano i piani, tanto che talvolta è difficile distinguere tra realtà, visione e flusso di pensiero. Non a caso come Molly Bloom anche Shasha si troverà spesso a iterare un “sì”, ma non come affermazione di vita. Piuttosto un rifuggire costante dalla vita, un “sì” determinato ad avere paura, un distacco dalla felicità che evoca il desiderio disperato di non poterla raggiungere.



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