Nella “Società che sedeva nei caffè” c’è anche l’irascibile James Joyce

Lasorte Trieste 27/02/20 - Via Battisti, Caffè S.Marco affollato, Coronavirus
Lasorte Trieste 27/02/20 - Via Battisti, Caffè S.Marco affollato, Coronavirus



Resistono abbarbicati alla Storia e alla tradizione. I caffè con anni e anni di vita alle spalle da tempo stanno combattendo una guerra per la sopravvivenza e per mantenere la propria identità e per offrire uno scampolo di mito ai frequentatori alla ricerca del “tempo perduto”. C’è chi ha salvando l’antica insegna e ha mutato parzialmente la propria identità, offrendo in vendita ai frequentatori libri o affittando qualche angolo della propria sede per iniziative letterarie, artistiche e politiche. C’è chi si è improvvisato ristoratore e chi espone alle pareti del proprio locale, fotografie di dilettanti in cerca di conferme o quadri di pittori della domenica. Ma c’è anche chi ha trovato in questo confronto per la sopravvivenza un prezioso alleato in giornalisti, scrittori, editori e librai che puntando sul mito dei caffè letterari di inizio Novecento hanno costruito e costruiscono articoli, reportage fotografici, ricerche in archivi e collezioni, libri precisi nei dettagli e accattivanti nei ”gossip” che svelano al pubblico.

Tra questi libri e queste iniziative uno spazio se lo è conquistato l’editore Sergio Zorzon che ha dato alle stampe un volume dedicato “ai caffè storici italiani e della Trieste tra 800 e 900”. Il libro ha per titolo “La società che sedeva nei caffè” (pagg. 142, euro 24); lo ha scritto per le edizioni della Libreria Editrice Internazionale Italo Svevo, Francesco Cenetiempo che ha compiuto un viaggio lungo l’arco di tre secoli alla scoperta delle botteghe del caffè o meglio di quei salotti di strada realizzati per gustare tranquillamente una tazzina conversando e discutendo in armonia. I caffè almeno fino a 70 anni fa rappresentavano un riconosciuto crocevia di cultura. Basta citare il caffè Florian a Venezia, il Pedrocchi a Padova, il Greco a Roma. L’autore approfondisce la sua ricerca per quanto riguarda i caffè triestini e vi dedica quasi i due terzi delle pagine del volume, affiancando al testo numerose immagini uscite per l’occasione dalle raccolte di alcuni collezionisti. Trieste è scandagliata alla ricerca di locali che furono e che non sono più. Un lavoro certosino a cui si affianca il capitolo firmato da Renzo S. Crivelli, dedicato a una avventura triestina di James Joyce. Lo scrittore irlandese fu protagonista di un incidente al Caffè Stella Polare. “In quel periodo - scrive Crivelli - collaborava attivamente al Piccolo nella sua edizione serale e il suo referente era il caporedattore Roberto Prezioso, un bell’uomo sulla cinquantina, molto ben vestito, con eleganti baffi e un’ineccepibile bombetta. Era simpatico, un po’ vanesio, certo un dongiovanni”. In più frequentava l’abitazione di Joyce per affinare il suo inglese.

“Il dongiovanni posò ben presto gli occhi su Nora”, la compagna di James Joyce. “La corte che le fece sembrò sicuramente lusingarla. Una volta tra i suoi complimenti, sgusciò fuori un appassionato ‘Buongiorno Nora, questa mattina il sole si è levato per lei’. Lo scrittore irlandese udì la frase di certo ingombrante se affiancata alla circostanza che Roberto Prezioso frequentava la sua abitazione anche quando Joyce era assente.

“Fatto sta - scrive Crivelli - che la reazione non tardò a venire ed ebbe come scenario pubblico proprio il Caffè Stella Polare. La scena è reale, è stata raccontata dal pittore Tullio Silvestri, amico di Joyce, con studio in via Tor San Lorenzo”. Silvestri fu testimone oculare di un battibecco tra i due dove volarono parole grosse. Non si sa se i due contendenti vennero alle mani. L’onore dello scrittore fu salvo, e sostiene Crivelli “a dire il vero, Joyce si dimostrò assai affascinato dal tradimento –una delle sue cose un po’ perverse - tant’è che tratta di questo argomento nel suo dramma Esuli, dove uno dei due personaggi che si contendono una donna si chiama – guarda caso- proprio Robert.





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