Nikolaj Gumilëv il poeta che amava troppo, fucilato nel ’21

Mary B. Tolusso

I poeti. Tutti abili a slanci d’amore epici, sulla carta, per poi finire rovinosamente nei rapporti reali. Sarà perché il sentimento viene dilatato a dismisura, più per estetica che per etica o forse ancora di più per noia. Comunque sia c’è una lunga lista di aedi capaci dei più alti corteggiamenti, per poi stancarsi presto e passare a un’altra storia. Eppure a leggerne le biografie talvolta queste relazioni finivano in vera tragedia, per mancanza d’amore erano capaci di uccidersi, basti pensare a Sylvia Plath o Anne Sexton. Ma è anche vero che i più, dopo aver inanellato versi su versi sul loro assoluto sentimento per questo o per quella, una volta coronato il sogno erano incapaci di mantenere una relazione stabile. Tra i tanti è il caso di Nikolaj Gumilëv, conosciuto quale fondatore dell’acmeismo, ma fu anche il marito di Anna Achmatova, molto più celebre dello sposo. Di Gumilëv esce ora per i tipi Avaglianopoesia l’antologica dal titolo “Nel giorno in cui il mondo fu creato” (pagg. 76, euro 12), nella bella traduzione di Amedeo Anelli. Il poeta ebbe una vita piuttosto avventurosa. Achmatova la incontrò già alla scuola di Carskoe Selo, lui aveva 17 anni e lei 14. Non fu una storia felice. Anna lo rifiuterà molte volte e Nikolaj per dimenticarla andrà a Parigi, dove studia. Achmatova è indecisa, lo richiama in patria per rifiutarlo di nuovo e a quel punto il poeta, rientrato in Francia, tenterà per due volte il suicidio. Finalmente la poetessa scongela il suo cuore e i due si sposeranno nel 1910. A quel punto però Gumilëv la lascia spesso sola, viaggia molto, in Italia, soprattutto in Africa. Dopo otto anni si separeranno, lui si era innamorato di un’altra, ma certo Achmatova non si ripiegò sul focolare a piangere, ebbe anche lei la sua buona relazione extraconiugale. Va detto comunque che quando Nikolaj venne fucilato dai bolscevichi con una falsa accusa di tradimento, Anna Achmatova si impegnò per la pubblicazione e la diffusione della sua poesia. Insieme, in realtà, fecero molto. Innanzitutto fondarono l’acmeismo, in chiara opposizione al simbolismo, a cui aderì, tra gli altri, anche Osip Mandel’štam. L’antologia è la prima in Italia che ci propone un’ampia selezione del poeta, prima si poteva godere solo di sporadiche traduzioni, benché Gumilëv sia tra i maggiori poeti di lingua russa. La limpida traduzione di Anelli ci permette di seguirne l’intero percorso, la chiara adesione all’acmeismo e cioè riportare la parola alla sua innocenza e concretezza. Ma ne seguiamo anche il viaggio biografico, l’amore per la spettacolarità della Natura, pur esaminata (anche)nella sua crudeltà (Gumilëv ha tradotto Leopardi, tra gli altri), l’adesione alla prima guerra mondiale, l’amore per Achmatova e non solo, l’amore per la libertà: «Solo l’uomo libero amo», scriverà in “Memoria”. E poi la passione per l’arte (innanzitutto italiana) e il paesaggio africano. Riesce a riportare il verso a una luminosità non banale, Gumilëv coniuga visionarietà e realismo, con esiti lirici, talvolta epici, soprattutto quando si affida alla forma salmodiale, mentre la poesia aderisce a un perfetto equilibrio quando il tono è più prosastico. Fu fucilato il 25 agosto del 1921, con l’accusa di partecipazione a un complotto monarchico e in qualche modo quella sua fine l’aveva profetizzata quando scrive: «Io non morrò nel mio letto/assistito dal notaio e dal medico,/ma in qualche crepaccio selvaggio…» o ancora in un’altra evoca la chiara immagine di un boia che gli taglierà la testa. Gumilëv è ossessionato soprattutto da una sorta di “semplicità” del verbo, unita a un’assoluta bellezza e in ciò la natura è una bella sfida, lei che appartiene alla terra molto più che gli uomini. E le “metafore naturali” sono indubbiamente le più belle, ricche anche delle sue esplorazioni in terra d’Africa. Immagini tendenti sempre all’apice della trasparenza, come voleva l’“acmeismo”, puntare all’acme della lucidità espressiva. —



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