Paolo Rossi: "Leggevo Lolita nascosta in Cuore. Svevo, Saba? Sì, ma le Maldobrie..."

I libri d’infanzia a Monfalcone, primo segno del “delirio creativo organizzato”. Philip K. Dick l’ultimo amore duraturo. La censura? Per i mediocri e gli stupidi

TRIESTE «Sono fuori dall’ufficio postale, devo pagare la luce e il gas, qui a Milano. Sono tutti spunti per brevi racconti. Infatti ci vado di persona ». Paolo Rossi, il comico originario di Monfalcone che spesso e volentieri frequenta le librerie e le bancarelle dell’usato di Trieste (oltre a dividere il palco del Miela con i Pupkin), è di fretta. Le bollette incombono. Ma quando si inizia a parlare di libri e ricordi, la lingua si scioglie e le lancette dell’orologio non corrono più rapide.

Iniziamo da Paolo Rossi bimbo. Cosa le leggeva la mamma?

«Niente libri, solo racconti orali. Dalla mamma, dalla nonna, dalle zie. Quando mi dicono che il mio maestro è stato Dario Fo, rispondo che i primi che mi hanno insegnato a narrare storie sono stati i miei familiari. Le favole, i racconti di guerra, le vicende personali. Sono debitore di questa formazione anche quando scrivo i miei testi, i mieimonologhi per il teatro».

Quale è il suo libro del cuore?

«È paradossale ma vero. A parte Sandokan e i romanzi di Jack London i primi libri che ho letto sono “Cuore”di De Amicis e “Lolita” di Nabokov. Avevo dodici anni, e avevo “catturato” delle frasi di mio padre:così l’ho rubato pensando fosse chissà cosa, e lo mettevo dentro “Cuore”. E alternavo “Cuore” a “Lolita”. Anche questo credo abbia a che fare con il delirio organizzato della mia creatività».

Lei ha un fratello e una sorella. Vi scambiavate libri, fumetti?

«No, assolutamente. Il panino “Cuore” e “Lolita” era mio.Non loscambiavo con nessuno». E quale è stato il libro preferito delle vacanze scolastiche? «Non seguivo le “autorità”, leggevo quello che mi pareva,dai fumetti ai romanzidi avventura».

Allora quale è stato il libro che più ha odiato da piccolo?

«Se un libro non mi piaceva, non lo leggevo. Lo faccio tuttora. Se unromanzo non mi prendeentro le prime venti pagine, lo lascio lì. Non c’è mai stato un libro che ho dovuto leggere. Se poi concerneva un obbligo scolastico, beh, mi facevo fare il riassunto da chi l’aveva letto. Ed è per questo che sono contrario ai registri elettronici: credo che i nostri figli abbiano il diritto di mentire. Poi sta al genitore scoprire la cosa, ma devono imparare a prendersi le loro responsabilità. Non è possibile che un ragazzo arrivi a casa e che io sappia già cos’hanno combinato lui e i suoi compagni. Non tollero questa forma di controllo dilagante. E poi, chi di noi non ha mai bigiato?».

Il suo eroe della letteratura, il suo personaggio preferito fino a ora.

«Va a periodi, ho tanti innamoramenti. Sul comodino tengo sempre un libro “alto” e magari uno più pop. E questo mi è rimasto da “Cuore” e “Lolita”... Mi piacciono i mondi, non ho proprio degli eroi, amo di più gli scrittori. L’ultimo, che è un amore che dura da un po’, è per Philip K. Dick: leggendone la biografia ho scoperto che voleva diventare Dostoevskij ma sopravviveva con i racconti di fantascienza. Quando ha capito che era di serie B, come di serie B veniva considerata, sbagliando, la fantascienza, ha giocato in serie B ed è andato a fare la Coppa dei campioni pur non essendo Dostoevskij ma accettando il suo campo, consapevolmente».

Nel 2002 e 2003 ha portato in tournée a teatro la sua creazione “Il signor Rossi e la Costituzione”. Uno show di teatro civile visto da oltre 150mila spettatori in tutta Italia. La Costituzione è il nostro “libro” per eccellenza, anche se qualcuno pensa sia superata...

«Quello spettacolo l’ho fatto cinque anni prima di Roberto Benigni, magari avrei dovuto mettere in scena cinque anni dopo la Divina Commedia... A parte gli scherzi, l’ho fatto perché sentivo nell’aria qualcosa, questione di istinto. Così come l’istinto mi guida in libreria: come molti, se entri per comprare, ti fermi, sfogli, osservi la quarta di copertina e magari esci con tutt’altro. È questo il bello delle librerie. Che non c’è nella comodità di Kindle. Certo, in viaggio l’e-book mi evita di portarmi dietro un bel peso ma mi toglie la bellezza di girovagare nelle librerie. Sembra un perdere tempo, ma per me è un momentocreativo ».

Molti libri sono stati censurati e lei stesso con la Rai ha vissuto sulla sua pelle cosa sia censura. Cosa pensa della censura?

«Fossi il ministro della Cultura certe cose le censurerei. Censurerei i mediocri e gli stupidi, ne conosco talmente tanti... Posso raccontare una storia: andai a Praga che era appena caduto il Muro, cercavamo io e miei amici un appartamento per una settimana, da prendere in affitto. Fuori da un casinò un signore, che parlava bene italiano, ci fermò e ci portò a casa sua. Era piena di libri. Molti erano ancora incellofanati. Gli chiesi perché. Perché, rispose, prima del 1989, con il comunismo aveva un lavoro, non pagava l’ospedale né le cure mediche, però non poteva leggere tutto ciò che avrebbe desiderato, ad esempio Kafka. Dopo, aveva speso tutti i suoi quattrini in libri ma aveva perso il lavoro e doveva pagare il dottore.“C’è una terza via?”, mi chiese».

Lei ha tre figli. Libri o memoria?

«Ho continuato nel solco della tradizione di famiglia: solo racconti orali».

Ama di più i classici antichi o i moderni?

«Non c’è distinzione. Una volta che hai letto la Bibbia, Shakespeare, il teatro greco, o “Le Metamorfosi” di Ovidio, e un libro a tua scelta c’è già tutto. È solo questione di reinventare».

Saba, Svevo, Joyce, Tomizza, Magris. Quali ha letto e chi le piace?

«Li ho letti tutti e mi piacciono tutti perché parlano della mia terra. Ma devo ammettere che continuo a consultare le “Maldobrie” di Carpinteri e Faraguna. Mi fanno ridere».

Adesso che libro ha sul comodino?

«Ne sto leggendo uno che parla di calcio e politica:“ Uccidi Paul Breitner”, l’autore è Luca Pisapia. Mescolala storia dei Mondiali di calcio in Argentina alla storia ufficiale di quel Paese, quella della repressione del ’78 attraverso sequestri e desaparecidos. Davvero una grande sapienza chimica nel mescolare vero e romanzato».

La sua biblioteca casalinga: com’è?

«In casa i libri non ci stanno più, forse li userò come scenografia nel mio nuovo spettacolo e magari li regalerò al pubblico».

Lo confessi: acquista da Amazon?

«Forse ho acquistato un paio di libri. È grave, vero? Se per lavoro ho bisogno di portarmi via dei volumi, allora sì. Sa, quelli teatrali sono belli voluminosi, non posso consultarli in viaggio. Ma adoro le bancarelle».

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