Pasolini ritorna nella Repubblica Ceca le sue poesie tradotte anche dal friulano

l’intervista
Cristina Bongiorno
“Torna a scrivere, è meglio” questo avrebbe detto Federico Fellini a Pier Paolo Pasolini, scontento dei primi ciak di “Accattone”, film che negletto in patria in compenso vince nel 1962 il premio per la miglior regia al festival di Karlovy Vary, l’ex Karlsbad. Grande entrée in Cecoslovacchia fintanto che la sua voce è funzionale al social-realismo, con il comunismo che stracapisce Pasolini riducendo la sua complessità a cantore degli oppressi dall’Italia borghese-capitalista. Partite da due estremi diversi, l’Italia come la Cecoslovacchia finiranno nel tempo per convergere nello spirito censorio, nell’incomprensione e in definitiva nel gioco di difesa delle proprie ideologie, fino al rigetto pressoché totale di Pasolini.
Se non è facile essere profeti nel proprio Paese, tanto meno lo è in uno straniero schiacciato moralmente e culturalmente dalla dittatura comunista prima, attualmente per reazione sbilanciato pesantemente verso destra.
Eppure l’ardore di Pasolini cova sempre sotto la cenere, tant’è che di un giovane studioso ceco, Tomas Matras, è appena uscita nella Repubblica Ceca una selezione di poesie in italiano e in friulano con testo a fronte, tradotte con l’apporto di Alice Flemrova, specialista più volte insignita di diversi premi, nel titolo originale “Pier Paolo Pasolini Poesie/Basne” .
Quando è scoppiato il suo amore per Pasolini?
«Ho scritto la mia tesi sulla tarda saggistica di Pasolini nel 2000 - risponde Tomas Matras - conoscendolo attraverso la mediazione del libro di Oliviero Toscani ‘La Pub est une carogne qui nous sourit’, dove il fotografo menziona gli ‘Scritti corsari’, i jeans Jesus e l’attacco di Pasolini a ipocrisia e conservatorismo della Chiesa. Sono rimasto folgorato dall’intelletto incisivo, lucido e critico nel più alto significato della parola. Un primo contatto l’avevo avuto al liceo bilingue di Praga, dove ho studiato italiano».
Quindi è ancora vivo l’interesse per Pasolini nel suo Paese?
«La morte fisica di un genio non significa nulla se cerchiamo di leggerlo e guardarlo per quello che ci ha lasciato in eredità. Il vero problema è lo spazio che ci separa da lui e che in qualche modo c’è sempre stato anche quando era in vita. Pasolini viene spesso manipolato, strumentalizzato, abusato, anziché essere letto e guardato di nuovo. Non appartiene alla cultura media ceca in quanto è assente una discussione ampia sull’autore ma limitata all’ambito specialistico universitario. Ovviamente esistono dvd dei suoi film e vive anche grazie all’Istituto italiano di Cultura a Praga dove talvolta vengono proiettati e organizzati convegni. In tv è stata trasmessa l’ultima volta la ‘Trilogia della vita’ (i film ‘Decameron’, ‘I racconti di Canterbury’ e ‘Il fiore delle Mille e una notte’) ormai quasi una quindicina di anni fa».
Come si può capire una personalità così complessa?
«Significa non fermarsi al gusto dello scandalo nel quale ahinoi indulgiamo. Infatti propongo al lettore ceco il poema autobiografico postumo ‘Il poeta delle ceneri’, dove Pasolini rivela le verità segrete sul potere politico e economico e sul fondato pericolo della decomposizione della società moderna e postmoderna. Una simile lungimiranza esige rispetto… Significa non appropriarsene o espropriarlo ma cercare di rispondere alla sua generosità con apertura mentale. Per rendere la sua poetica è richiesta un’immersione nei luoghi personali biografici e geografici, artistici e intellettuali dell’Italia, nell’italiano e nei dialetti, nello spirito dell’Italia vissuta da Pasolini. Solo dopo arriva l’illuminazione: attraverso il particolare si disvela il messaggio universale, la sua intenzione di essere compreso, del suo punto di vista incisivo, implacabile e nel contempo cristallino e nuovissimo».
E lei pensa di essere riuscito a riprodurne lo spirito nella traduzione?
«Ecco, in questo caso penso che forse un ceco gode del vantaggio di non essere costretto nei medesimi tabù e pregiudizi - magari ne ha altri - e anche ideali tramandati dal proprio retaggio culturale, che possono rivelarsi limitativi per penetrare un autore così ruvido ed eccentrico. Sicché non lo capiamo meglio, ma forse diversamente. Per le poesie, che ho scelto in maniera del tutto impressionistica, io e Alice Flemrova ci siamo aiutati per il friulano con la traduzione italiana di Pasolini stesso, anch’essa talvolta imprecisa, e appoggiandoci al Centro Studi di Casarsa. Non conoscevo le fontane di acqua o lo ‘spolert’, stufa a legna su cui si cucinava. Preziosa la consulenza dell’amico linguista Giorgio Cadorini originario di Palmanova, docente a Opava».
Quale fu la fortuna ceca di Pasolini?
«La stragrande maggioranza delle sue opere non è tradotta. Tutto in lui è anticonvenzionale, va osservato da plurime angolazioni. Venne a Praga nel 1965 in occasione della proiezione del ‘Vangelo secondo Matteo’. Parlò con i nostri scrittori, ma è rimasta traccia in ‘Scritti corsari’ dell’incontro con i capelloni tedeschi nella hall dell’hotel Alcron, nei pressi di piazza Venceslao, la stessa piazza in cui si diede fuoco Jan Palach nel 1969, per protesta contro l’invasione sovietica. Ecco, nel dramma ‘Bestia da stile’ aleggia una vertiginosa preveggenza dai risvolti autobiografici». —
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