Pippo Baudo: «Ero a Trieste quando tornò all’Italia Quel giorno del ’54 nacque la mia vocazione televisiva»

Il presentatore al Teatro Verdi stasera si racconta ad Aldo Grasso la strepitosa carriera, gli incontri, l’amico-nemico Mike, Fiorello 
02/06/2019 Roma. Rai, spettacolo televisivo in studio Buon Compleanno Pippo , nella foto Pippo Baudo
02/06/2019 Roma. Rai, spettacolo televisivo in studio Buon Compleanno Pippo , nella foto Pippo Baudo

l’intervista



Pordenonelegge parte con un personaggio d’eccezione, un monumento della televisione italiana, il presentatore per eccellenza. Pippo Baudo, stasera, al Teatro Verdi, alle 21, chiacchiererà della sua autobiografia “Ecco a voi. Una storia italiana.” (Solferino), pungolato dalle domande di Aldo Grasso. Un testimone della storia recente che racconta la sua esperienza e l’Italia attraverso i suoi incontri con artisti e personaggi che ne hanno segnato l’evoluzione negli ultimi decenni.

Come è nato questo libro?

«Me lo hanno proposto. Quando ho iniziato a scrivere mi è venuto di getto. I miei ricordi sono ancora tutti vivi e non ho fatto fatica. Ogni sera ripasso tutti i miei successi televisivi e quello che ho fatto in tanti anni di lavoro».”

Si parte da un evento speciale che ha coinvolto la città di Trieste. Come mai questa scelta?

«Quello è stato un evento per me, un’esperienza che mi è rimasta stampata nel cervello. Mi ero appena diplomato e con un amico ho preso il treno dalla Sicilia per raggiungere Trieste. Noi siamo cresciuti a scuola con il mito di Trieste, Pola e dell’Istria e con la speranza che Trieste potesse ritornare italiana. Era l’ottobre del 1954 e io ricordo tutto, a partire dal discorso del sindaco Gianni Bartoli, l’arrivo dei Bersaglieri, le telecamere. Ricordo i cameraman e le numerose televisioni. Ricordo che siamo anche andati a Redipuglia a far vidimare il biglietto per poter usufruire di una tariffa speciale».

Perché questo ricordo è cosi importante?

«Segna la nascita della mia vocazione televisiva. Non ero solo affascinato da quello che vedevo negli schermi, io volevo esserne parte. A Trieste poi ci sono tornato tante volte, è una città per la quale io, catanese, sento un forte legame. Da amico di Lelio Luttazzi ci sono venuto in svariate occasioni, tra le quali al concerto che lui ha tenuto in piazza dell’Unità».

In questo libro appare chiaro che Sanremo è sempre stato il programma che più di tutti le sarebbe piaciuto condurre. Lo ha fatto, in seguito superando ogni record, ma cos’ha il Festival che lo rende cosi speciale ai suoi occhi?

«Per me Sanremo è il massimo. Lo seguivo alla radio quando ancora non avevamo la televisione con una mia cugina appassionatissima di musica. Erano i primi anni ‘50 e il nostro più grande desiderio era quello di andarci. Non avrei mai potuto immaginare, allora, tutto quello che sarebbe accaduto».

Lei ha condotto molti altri programmi legati alla musica. Cos’è cambiato nel rapporto tra la televisione e la musica in questi ultimi anni?

«Sono arrivati i talent show che sono la rovina di tutto. Sono programmi privi di un costrutto musicale e le canzoni vengono ridotte a un minuto e mezzo di esibizione. In questo modo i brani non possono esprimere un concetto. Sono solo brutti. Oggi una canzone ha una scadenza mensile, poi viene dimenticata. Le canzoni di anni fa si cantano ancora, e sono sempre belle».

In questo libro lei parla degli incontri che ha fatto in tanti anni di carriera. C’è un bellissimo capitolo dedicato al nemico (sugli schermi)-amico(nella vita) Mike Buongiorno, ma c’è anche del rammarico, legato a Fiorello. Come è andato il vostro primo incontro?

«Non ho riconosciuto il suo talento, ma lui dice sempre che questo per lui è stata una fortuna. Stavo cercando dei comici nuovi, avevo in passato selezionato Beppe Grillo, per citarne uno, ma quando mi sono trovato di fronte a quel ragazzo che mi ha presentato un numero di quaranta minuti non ho potuto selezionarlo, era troppo lungo. Così ho perso l’occasione di scoprire Fiorello».

Non ha tralasciato i nomi di alcuni politici, cui viene dedicato un capitolo intero. Cos’è cambiato nella politica di oggi?

«Oggi non c’è più politica. Non esistono più i pensieri politici. Un tempo si parlava di partiti con ideologie forti, oggi non è rimasto nulla di tutto questo. Ultimamente quando converso al telefono con Ciriaco De Mita, discutiamo spesso di questa situazione. E di quanto fosse diverso il mondo politico precedente».

Cosa dovrebbe avere un giovane che sogna una carriera come la sua?

«Deve leggere, studiare, essere informato. I giovani d’oggi sanno cosa accade ma si intendono poco di cultura, che per me rimane un corredo indispensabile». —



Riproduzione riservata © Il Piccolo