“Poetic Dissent”, è online la mostra di due artisti imprigionati in Bielorussia

Attesi in regione per una residenza sui monumenti fascisti non possono lasciare il paese. I loro video sulla repressione

la mostra



Avrebbero dovuto arrivare in Friuli Venezia Giulia nei prossimi giorni, per una residenza d’artista sui monumenti di epoca fascista lungo il confine friulano-giuliano, ma sono stati imprigionati e torturati e non possono lasciare il proprio paese. Sono i due giovani artisti bielorussi Lesya Pchelka e Uladzimir Hramovich: avrebbero dovuto essere tra i protagonisti del progetto europeo ArtForRemembrance, organizzato dall’associazione IoDeposito, ma nei giorni scorsi hanno scritto a Chiara Isadora Artico, art director di IoDeposito, per raccontarle l’accaduto e comunicarle l’impossibilità di giungere fisicamente in Italia. Perciò l’associazione ha deciso di organizzare immediatamente una mostra online sul proprio sito, per dare visibilità alle loro opere, che probabilmente sono state il principale motivo della loro incarcerazione, e voce alla loro esperienza. Detto fatto. Inaugura virtualmente oggi e s’intitola eloquentemente “Poetic Dissent” l’esposizione di videoarte dedicata ai lavori video di quattro giovani artisti bielorussi con cui l’associazione IoDeposito collabora: oltre alla coppia di artisti incarcerati ci saranno anche Vasilisa Palianina e Gleb Burnashev, che come i colleghi non sono stati risparmiati dalla repressione del governo bielorusso. L’esposizione è fruibile sul sito web www.bsidewar.org e mira a dare loro spazio e voce, per raccontare al mondo quello che sta succedendo nel loro paese.

Saranno cinque i video in mostra, tutti dedicati al tema della repressione politica. Tra questi anche “Scratches”, (7’12’’, febbraio 2021) opera di Lesya Pchelka e Uladzimir Hramovich: è questo, dice Artico, il video che con tutta probabilità è valso il carcere ai due artisti. Il video ritrae delle mani che cancellano dal documento d’identità bielorusso gli elementi in oro, rendendolo così anonimo, e svincolando simbolicamente il proprietario dall’appartenenza a uno stato che non lo rappresenta. Un’altra opera significativa è “We make a human out of your”, di Gleb Burnashev: rende molto bene i tentativi delle autorità di sopprimere l’individualità e l'idea di "spersonalizzazione" percepita dai cittadini.

«In Italia - ricorda Artico - si parla ancora troppo poco degli eventi che in pochi giorni hanno sconvolto la vita di tantissimi cittadini in Bielorussia a seguito delle elezioni governative del 9 agosto scorso, che per la sesta volta hanno visto vincitore Aleksandr Lukašenko, presidente in carica dal 1994. L’esito, che gli assegnava l’80% dei voti, ha fatto esplodere nel Paese le proteste per i sospetti brogli elettorali, con la richiesta di nuove elezioni». Nei giorni seguenti migliaia di persone sono scese in piazza a Minsk per protestare pacificamente, ma la polizia e le unità speciali di sicurezza sono intervenute, come ordinato dal Ministero dell’Interno, reprimendo con violenza la manifestazione. Internet e la rete telefonica sono stati bloccati, i confini con i paesi vicini sigillati. Numerosissimi i feriti, sei i morti; da agosto a oggi circa 33mila persone sono state arrestate perché presunte dissidenti, e sono più di 200 i prigionieri politici. Amnesty International e Anaïs Marin, Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia, hanno denunciato la situazione. Pochi giorni fa Chiara Isadora Artico ha ricevuto una comunicazione dall’artista Lesya Pchelka, in cui racconta: «Uladzimir (Hramovich) e io (...) siamo stati sequestrati nel cortile di casa nostra. Nella mia cella da sei posti letto c’erano 24 persone, senza materassi, coperte e prodotti igienici. Uladzimir ha trascorso 15 giorni in prigione. Le condizioni lì sono rese insopportabili apposta. Ora siamo entrambi a casa, ma ci siamo ammalati di Covid». «La nostra realtà - conclude Artico - ha creato negli anni un vivaio di 200 artisti contemporanei in 55 paesi del mondo, con i quali lavoriamo: quello che sta accadendo ai nostri artisti bielorussi, perseguitati perché ritenuti intellettualmente pericolosi, ci addolora. Stiamo cercando di capire se e come possiamo aiutarli a proseguire i progetti in programma. Nel frattempo abbiamo deciso di dare massima visibilità alle loro opere ed esperienze». —

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