L’amore, la competenza, il fare rete: da 44 anni il sogno di Gorizia continua con il Premio Amidei
La storia del festival muove i primi passi nel 1977 grazie al goriziano Darko Bratina

Da Gorizia, città fuori dalle rotte del mondo della celluloide, al cuore di quella Roma dove nel dopoguerra è nato il grande cinema italiano. Ci sono tanta storia e amore per la magia delle trame raccontate sul grande schermo, ma anche competenza, ricerca e studio, dietro alla 44ª edizione del Premio internazionale alla miglior sceneggiatura cinematografica “Sergio Amidei”.
L’Amidei, come è comunemente noto, oggi è di livello internazionale, biglietto da visita di prestigio. La sua nascita è bella come una favola perché poggia sulla passione e su una rete di relazioni che in questi anni non ha mai smesso di svilupparsi e ampliarsi, coinvolgendo nuovi appassionati, curiosi ma anche esperti, e il mondo dell’università e della formazione. Parimenti non ha mai perso l’impronta popolare, di evento voluto e pensato per la città, in uno scambio anche fra generazioni, modi di pensare. I primi passi, quasi incoscienti, vennero mossi nel 1977 quando un goriziano, appassionato sociologo e cinefilo, poi senatore della Repubblica, Darko Bratina (1942-1997) volle incontrare al Festival del Cinema di Belgrado Sergio Amidei (1904-1981) uno dei padri del neorealismo, sceneggiatore di “Roma città aperta”. Bratina voleva creare una manifestazione centrata sulla scrittura per il cinema. E lo voleva fare a Gorizia, città che Amidei conosceva bene visto che, seppur nato a Trieste, aveva passato l’infanzia nella vicina Salcano, oggi in Slovenia, in una casa di famiglia.
Nell’agosto del 1981 Alberto Sordi, Ettore Scola, Nanny Loy, Mario Monicelli, Giovanna Ralli e tanti altri erano dunque nel capoluogo isontino, ahimè pochi mesi dopo la sua morte. Nel 1983 il Comune istituì il Premio a lui intitolato ma fu solo a fine anni’90 che entrò in scena un altro goriziano malato di cinema, Giuseppe Longo che, con l’incoscienza della gioventù, propose di creare un’associazione con l’obiettivo di valorizzare l’anima di un film, la sceneggiatura.
«Non conoscevo Darko Bratina, ricorda Longo direttore del Premio, l’uomo che ha tessuto la rete di relazioni cementate dall’entusiasmo e convinzione che niente è impossibile, ma gli proposi di assumere la presidenza e contattammo gli amici di Amidei per creare la prima giuria. Non avevamo fondi, ed i primi anni andavo con treni notturni a Roma, presentandomi al mattino a casa di Monicelli, Loy, Age e Scarpelli, piuttosto che da Suso Cecchi D’amico, che io chiamavo “la signora”, per poi ripartire la sera. E’stata una grande avventura che ancora oggi prosegue. Dobbiamo molto alla generosità di questi grandi».
Da allora sotto il tendone del cinema in castello, oggi a Villa Coronini, dopo un periodo di svolgimento in piazza della Vittoria, sono stati ospiti della rassegna i maestri assoluti che hanno ricevuto il Premio alla miglior sceneggiatura dal primo Francesco Nuti con “Io Chiara e lo scuro” all’ultimo a Justine Triet, che per “Anatomia di una caduta” ha vinto tra gli altri il premio l’Oscar.
Nella città dalle molte lingue e culture dal 2002 hanno ricevuto il Premio all’opera d’autore Bertrand Tavenier, Ken Loach, Abbas Kiarostami, ma anche Edgar Reitz, Giuliano Montaldo, Margarethe Von Trotta, solo per dare alcuni nomi. «C’è tanto lavoro dietro a ogni edizione, confessa Longo. Per avere la Von Trotta abbiamo tessuto relazioni per quasi 4 anni così come fu complesso avere lo sceneggiatore di “Taxi Driver” Paul Schrader e l’iraniano premio Oscar Asghar Farhādi. Il mio sogno è di avere Pedro Almodovar, ci stiamo lavorando da quasi 10 anni. Un anno a Madrid sono entrato nel suo centro di produzione El Deseo, sperando di incontrarlo. Ma non ebbi fortuna».
Alcuni maestri sono di casa a Gorizia. «Ettore Scola era spesso con noi, così come Franco Giraldi o Paolo Mereghetti, autore del corposo Dizionario dei film che porta il suo nome». La forza delle relazioni oltre alla qualità è uno degli ingredienti del successo del Premio che è stato guidato anche da Nereo Battello, raffinato storico del cinema, e dal 2017 da Francesco Donolato. «Mi sono sempre sentito accompagnato e coccolato dai grandi come Monicelli, che assolutamente non voleva essere chiamato maestro, o da Suso Cecchi d’Amico che, con fare spiccio, mi indirizzava sempre dalla persona giusta. Alcuni mesi fa Giovanna Ralli, splendida novantenne, è venuta alla riunione di giuria guidando la sua macchina». Dal 2002 il Premio ha avviato una collaborazione con il Dams cinema dell’Ateneo di Udine e Transmedia Srl dando vita a un’intensa e importante attività di rassegne collaterali, pubblicazione di testi e masterclass alle quali partecipano studenti italiani e stranieri.
Cosa accomuna i premiati dell’Amidei? L’essere autori etici e interpreti del contemporaneo nella scrittura per il cinema. —
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