Renato Pozzetto, gli 80 anni del comico stralunato dalla risata senza tempo

27/04/2019 Roma. Rai, trasmissione televisiva Ballando con le Stelle, nella foto Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto
27/04/2019 Roma. Rai, trasmissione televisiva Ballando con le Stelle, nella foto Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto

ROMA

Nel giorno della festa nazionale francese, il 14 luglio, il milanese (ma varesino di nascita) Renato Pozzetto festeggia i suoi 80 anni. Nato a Laveno sulle rive del Lago Maggiore nel 1940, cresciuto a Gemonio dove i genitori milanesi trovano rifugio durante i bombardamenti alleati, approdato a Milano dopo la fine della guerra, diplomato geometra all'istituto Carlo Cattaneo ritrova sui banchi di scuola Aurelio «Cochi» Ponzoni (anche lui cresciuto a Gemonio) e lo trascina nelle prime esperienze da cabaret: Cochi progetta e inventa, lui ci mette la verve, una vena surreale e il fisico. È una coppia che alla lontana rievoca Stanlio e Ollio ed ha subito successo; nel '64 sono già «Cochi e Renato». Si esibiscono per la prima volta all'Osteria dell'Oca e dopo, insieme a Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e Lino Toffolo si riuniscono nel «Gruppo Motore» con cui approdano al Derby di Milano. È il tempio del nuovo spettacolo, tra underground e gusto pop e qui la televisione cerca i nuovi talenti dell'intrattenimento.

In meno di quattro anni Cochi e Renato sono già protagonisti alla Rai con varietà come «Quelli della domenica» e, soprattutto «Il poeta e il contadino» (1973). L'anno dopo sono addirittura sul palco di «Canzonissima» che vale per loro come una laurea ad honorem. Il merito è anche di Jannacci che con loro scrive motivi popolarissimi come «La canzone intelligente» o «E la vita, la vita», ma i due ci mettono le facce, la mimica, un modello straniato di comicità e sorriso che conquista tutti, giovani e adulti. Rispetto al suo compagno d'avventura Renato Pozzetto fa valere una dimensione propria, un impasto di ingenuità e goffaggine assolutamente irresistibile. Sembra Ionesco calato nella vita reale, ma regala emozioni più dirette e immediate che gli aprono le porte del cinema quando Flavio Mogherini gli offre il ruolo del protagonista in «Per amare Ofelia» a fianco di Giovanna Ralli e Françoise Fabian. Lavora con registi affermati (Steno, Clément, Risi, Corbucci, Bolognini, Festa Campanile), a più riprese col suo pigmalione Mogherini e alla fine del decennio si cimenta anche nella regia con «Saxophone» (1978).

Tanto la vita pubblica è disseminata di comparsate televisive, tanto quella privata è senza sussulti: nel '1967 ha sposato Brunella Gubler che gli ha dato due figli e lo lascerà vedovo nel 2009. I diversi percorsi artistici lo tengono a lungo lontano dall'amico di un tempo, Cochi Ponzoni, che ha scelto il teatro e al cinema si concede poco. Il «grande freddo» tra i due durerà a lungo anche se l'amicizia in fondo non viene meno. Per oltre vent'anni Renato sarà uno dei pochi «nomi sicuri» del divertimento popolare al cinema: basta il suo nome in cartellone (come per Villaggio, Celentano, Abatantuono, Boldi&De Sica) per avere successo e i produttori lo sanno: fino al '94 lavora al ritmo di due o tre film all'anno e per quattro volte si dirige da solo, per il puro piacere di sviare dai suoi ruoli abituali.

Subentrerà poi un periodo di solitudine e depressione da cui lo fa uscire nel 2000 proprio il vecchio sodale Cochi, anch'egli tornato al cabaret dopo una crisi artistica quasi parallela. I due accettano la «reunion» quasi per sfida nella miniserie tv di Felice Farina a sfondo giallo «Nebbia in Valpadana». Segue un autentico trionfo a «Zelig» di Canale 5 quando Cochi&Renato scoprono che nessuno li ha dimenticati. Renato inoltre conquista il festival di Sanremo dello scorso anno apparendo come super-ospite de Lo Stato Sociale col suo vecchio cavallo di battaglia «E la vita, la vita». —

Riproduzione riservata © Il Piccolo