Riondino nel Maestro e Margherita «Bulgakov, una sfida vinta insieme»

L’attore di Taranto domani in scena a Monfalcone, in dicembre al Rossetti di Trieste «L’Ilva? Ci hanno lavorato mio padre e mio fratello, gli esuberi sono il peggior risultato» 



Pare una di quelle imprese da mettere i brividi agli attori. Ma, sulla carta, ha tutti i numeri di un’operazione che merita rispetto: invece di rifugiarsi in una delle tante commediole strappapplausi, il teatro Stabile dell’Umbria propone “Il maestro e Margherita”, capolavoro di Bulgakov e uno dei più famosi romanzi russi del Novecento. Al Rossetti sarà in dicembre, dal 12 al 16. Domani e mercoledì, alle 20.45, fa tappa al Comunale di Monfalcone in anteprima regionale. Il protagonista è Michele Riondino, che interpreta il diabolico Woland; al suo fianco Francesco Bonomo, nel duplice ruolo del Maestro e di Ponzio Pilato. Federica Rosellini, che veste i panni di Margherita.

Riondino, portare in teatro il romanzo di Bulgakov è un’impresa ardua, anche per un attore…

«Sì, decisamente. Infatti, preoccupa quanti comprano lo spettacolo come preoccupava me, quando ho accettato di farlo. Ma ho sempre apprezzato il lavoro di Letizia Russo (autrice della riscrittura scenica, ndr), quindi non ho fatto fatica a fidarmi di lei. Con il regista Andrea Baracco ho condiviso gli anni dell’Accademia: pur non avendo mai lavorato assieme, abbiamo insomma trascorsi comuni. Così, i presupposti erano “abbastanza” per poter affrontare il rischio».

Che trasposizione è?

«Molto rispettosa del romanzo, pur essendo ovviamente una sintesi e costringendo l’immaginazione dello spettatore a un lavoro importante. Ma le situazioni che derivano, a parere di molti e mio, costituiscono soluzioni teatrali efficaci, anche nella loro semplicità: si torna a un teatro senza artifici, effetti digitali, video. È tutto estremamente “classico”».

Massima fedeltà o troveremo qualche licenza poetica?

«Stiamo parlando di un romanzo che ha 130 personaggi. Quindi, inevitabilmente, i tagli ci sono e anche importanti. Ma c’è molta fedeltà all’idea di base di Bulgakov. Qualche libertà riguarda soprattutto il finale, anche perché il libro è incompiuto: il suo finale è postumo, rimesso in piedi e corretto dalla moglie dello scrittore; qualche libertà la autorizza. Andrea, attraverso scritti e documenti con le varie ipotesi di finale, ha voluto una conclusione sua, diversa da quello del libro».

Lasciamo da parte lo spettacolo per parlare di lei e della sua Taranto. La mente va all’Ilva…

«Mio padre, ora in pensione, lavorava all’Ilva come mio fratello, licenziato dopo vari contratti a progetto. Io continuo a monitorare la situazione dell’azienda, nonostante sia lontano dalla città. Quello che, secondo questo nuovo governo, rappresenta un ottimo risultato è l’esubero di tutti quei lavoratori che in questi tempi hanno osato mettere in discussione le politiche industriali dell’Ilva. Checchè ne dicano Di Maio & C., si tratta del peggior risultato che potevamo aspettarci da un governo che si è sempre detto per la chiusura».

La vedremo presto in qualche serie tv, come quella, per esempio, sul “Giovane Montalbano”?

«Ho appena finito di girare “Un’avventura”, film musicale con regia di Marco Danieli su brani di Lucio Battisti. Non è un film biografico ma una storia d’amore che ha come colonna sonora brani, appunto, famosi e non di Battisti. Uscirà al cinema, non so quando. Per il resto, non c’è nessuna serie televisiva». —

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