Saksida, l’artista che inventò il fotoromanzo sloveno

Viene inaugurata domani ai Musei Provinciali di Gorizia una ricca retrospettiva dedicata a lui

GORIZIA. In occasione dell’appena trascorso centenario dalla nascita e a trent’anni dalla morte, i Musei Provinciali di Gorizia dedicano una ricca retrospettiva a Rudolf Saksida (1913-1984), ripercorrendo le tappe principali del suo sviluppo artistico. Dai lavori di cartellonistica degli esordi, alle illustrazioni e alle vignette umoristiche uscite sui periodici degli anni Trenta, l’esposizione “Saksida. Pittore cantastorie/Slikar Pravlijcar”, che s’inaugura domani alle 18 a Palazzo Attems Petzenstein, pone le basi di un’interessante ricerca sull’artista goriziano attraverso una cospicua selezione di dipinti, disegni, incisioni del dopoguerra sino alle creazioni meno conosciute, quali il filmato d’arte «Piccole cose ma non troppo» e il primo fotoromanzo sloveno.

Nato a Gorizia alla vigilia della Grande guerra, Saksida si trasferì a Lubiana con la madre allo scoppio del conflitto mondiale mentre il padre era al fronte, e fece ritorno nella città natale successivamente. Con l’avvento del fascismo, frequentò le scuole italiane e negli anni Trenta conobbe Tullio Crali che lo introdusse alla pittura e in particolare all’aeropittura futurista. Di quel periodo si potranno apprezzare alcune opere inedite, tra cui “L’aviatore”, dipinto in cui è evidente l’influenza del maestro, e una importante raccolta di documenti di opere perse sempre degli anni ’30, accanto a manifesti e disegni che segnano anche l’inizio della sua florida attività di illustratore e cartellonista.

La collaborazione con Crali diventò fondamentale per Saxida (come si firmava all’epoca) e nel 1942 partecipò, con alcune opere, alla XXIII Biennale di Venezia nel padiglione dei futuristi. Fu proprio Crali a definire l’allievo e amico “pittore cantastorie” in un articolo del 1961, per quel suo modo così originale di creare un mondo ideale, fiabesco ma perfettamente coerente e giustificato nella sua realtà fittizia, fatta di stilizzazioni geometriche e di rimandi simbolici. Durante la Seconda guerra mondiale diventò ufficiale nell’esercito italiano e al termine del conflitto, ritornò a Gorizia. Lontano ormai dai canoni espressivi del futurismo e accostandosi per un breve periodo all’espressionismo e alle correnti novecentiste italiane, dipinse con continuità dal dopoguerra, semplificando le composizioni e introducendo componenti di incanto e immobilità che fecero paragonare i suoi lavori al realismo magico di Spacal.

Nel 1947 diventò insegnante alle scuole slovene, dapprima a Capodistria e dal 1955 a Trieste. Ritornò a Gorizia nel 1981, anno in cui gli venne dedicata un’ampia retrospettiva nell’Auditorium cittadino. La mostra è organizzata dalla Provincia di Gorizia, con l’associazione culturale per l’arte Kons e il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, e rimarrà aperta fino al prossimo 12 ottobre.

Cristina Feresin

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