Siamo uomini o merci? Consumatori e lavoratori schiacciati dai ribassi

Domani al Caffè San Marco il libro di Ferri e Iacovone che analizza l’impatto della macchina consumistica



Supermercati e centri commerciali offrono prezzi bassi, accessibili anche ai salari immobili e compressi di una fetta sempre più ampia della popolazione in questi tempi di crisi. Secondo un rapporto del Censis, la grande distribuzione ha di fatto operato «welfare reale nei consumi». Ma, rispondono gli autori del libro che stiamo per trattare, «le cose non stanno proprio così».

Il saggio di Marco Ferri e Francesco Iacovone si intitola “I consumati - Siamo uomini o merci?” (Massari editore, 190 pagg. 190, euro 14) e fotografa minuziosamente l’impatto della macchina consumista sulla società. Un processo in via di accelerazione che tocca le vite di tutti, quelle degli acquirenti come dei lavoratori del settore.

Ferri è copywriter, autore teatrale e scrittore. Si occupa da anni di marketing, advertising e comunicazione commerciale, istituzionale e politica. Iacovone è un commesso Coop, sindacalista e membro dell’esecutivo nazionale dei Cobas. Da anni è un punto di riferimento nelle vertenze delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio in Italia.

Ferri sarà a Trieste domani alle 10 al Dipartimento di scienze politiche e sociali per una lezione agli studenti. Alle 18 al Caffè San Marco presenterà il volume assieme al vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Russo e al docente di Analisi e progettazione organizzativa nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali di Units, Gabriele Blasutig.

La prima parte del libro tratteggia un ritratto complessivo del consumatore italiano e dei suoi cambiamenti negli ultimi decenni, ricorrendo a un imponente apparato di dati. I cittadini, provati da una crisi che almeno per loro sembra non finire mai, sono trascinati in un circolo vizioso di bisogni indotti, volti a ottenere riconoscimento sociale grazie all’ultimo cellulare o all’ultima automobile. Ma sono anche spinti dal richiamo ideologico ad «aiutare l’economia» attraverso gli acquisti. Ciò rende il cittadino un adepto inconsapevole del culto del consumo, tanto da dedicare ad esso gli scarsi tempo e denaro disponibili. La differenza di oggi rispetto a ieri è che a muoverlo non è più il consumo compulsivo ma una sorta di «neo-sobrietà», basata sulla ricerca dell’offerta più conveniente e sull’acquisto puntuale dei beni: un modello di consumo particolarmente adatto all’era del Web.

I lavoratori sono invece schiacciati dalle necessità di un settore economico sempre più pervasivo e di merci sempre più scontate. Condizioni ottenibili solo al prezzo di comprimere al minimo i salari ed estendere al massimo gli orari.

È questa la parabola del commercio negli ultimi trent’anni, culminata nel caso paradigmatico ed estremo della vendita online. Lo dimostrano le recenti cronache sui magazzini di Amazon.

La seconda parte del volume tratta le condizioni dei lavoratori attraverso una carrellata di storie vere, spesso allucinanti, di chi opera nel settore del commercio. Spesso sono le donne a subire il trattamento peggiore, con mancati rinnovamenti di contratto per malattia o maternità. In un caso le giovani commesse di un negozio di intimo si sentono dire dal responsabile che devono provare i nuovi capi in camerino e farsi vedere da lui, cosi da «aiutarlo a consigliare le clienti». Ma per molti lavoratori è un problema anche soltanto prendersi un minuto per rispondere a necessità fisiologiche. Tra le aziende non si salva nessuno, mondo cooperativo incluso.

Se il consumatore è l’adepto del culto consumista, il lavoratore ne è la vittima, inchiodato fino all’ultima maledetta domenica. L’uno e l’altro, comunque, ne vengono consumati. —



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