Storie di treni e di gente incontrata: in viaggio sui binari dell’Est

Il reportage del giornalista Marco Carlone: dalla Transalpina di Nova Gorica alla Bulgaria in luoghi per lo più remoti

Viola Perissutti
Una locomotiva d’epoca alla stazione della Transalpina, a Nova Gorica, a sinistra la copertina del libro
Una locomotiva d’epoca alla stazione della Transalpina, a Nova Gorica, a sinistra la copertina del libro

Capita spesso di provare un inspiegabile fascino aspettando il treno: i rumori della stazione, il via vai dei passeggeri, i vagoni che provengono da lontano, attraversano le città, raggiungono la loro meta e infine ripetono tutto da capo.

Binario Est, il nuovo reportage di Marco Carlone, videoreporter e giornalista freelance da sempre appassionato di ferrovie, pubblicato da Bottega Errante di Udine, è la storia di un lungo viaggio attraverso i binari dell’Europa dell’est.

«Chi ha inventato i treni, l’ha fatto per aiutare qualche scrittore in difficoltà» afferma l’autore nelle prime pagine. Così anche Carlone, spinto da una profonda passione per le ferrovie, ha iniziato a inseguire i treni più rumorosi e arrugginiti, le rotaie più sperdute dei Balcani e le storie di tutti coloro che, ogni giorno, le percorrono con ostinazione.

Il suo sguardo si rivolge a luoghi per lo più remoti e poco conosciuti. Il viaggio ha inizio in Slovenia, dalla storia della Ferrovia Transalpina, immobile testimone delle alterne vicende di Nova Gorizia e Gorizia: città gemelle e divise, da dove un tempo gli italiani scrutavano un mondo nascosto oltre-confine.

Il paesaggio scorre veloce fuori dai finestrini e ci si ritrova in Albania, Stato che nel 2019 si è guadagnato il titolo di “peggior Paese al mondo dotato di binari” secondo una ricerca condotta dal World Economic Forum. L’infrastruttura ferroviaria albanese non è di certo rinomata per la sua modernità, ma, secondo l’autore, ha qualcosa di speciale: riesce a sopravvivere. Vagoni vecchissimi, spesso di seconda mano ed importati dai Paesi occidentali - alcune vecchie carrozze FS italiane sono ancora in uso sui binari albanesi - portano a termine il loro compito ogni giorno, tra giunti sbullonati e promesse di nuovi investimenti che non sembrano arrivare mai.

Il reportage conduce poi in Ucraina, fra villaggi sperduti, anziane babuške e l’Ancja Kuśnycka, sbucata direttamente dagli anni ‘80. Figlia di altri tempi e dell’URSS da tempo dissolta, l’Ancja Kuśnycka - un piccolo treno giallo e blu ormai malmesso ma così importante da essersi guadagnato un nome e un cognome - un tempo è stata il simbolo dello sviluppo sovietico.

Rapiti dal fascino di ferrovie rimaste immutate negli anni e dalla narrazione appassionata di Marco Carlone, si attraversano la Bosnia ed Erzegoniva e la Moldavia, sempre a bordo di locomotive consumate dai chilometri e immersi nel medesimo caos: ci sono treni che non esistono sugli orari ufficiali, eppure pronti a partire al binario; ce ne sono degli altri di cui non c’è alcuna traccia concreta eppure scritti sui tabelloni delle partenze.

Il viaggio prosegue tra la Bulgaria, la Romania e infine la Croazia, fra storie di gente comune incontrata nelle stazioni, episodi bizzarri, curiosità storiche e geografiche dei territori attraversati: la ripetitività dei binari non annoia e anzi regala sfondi sempre nuovi fuori dai finestrini.

Così, pur narrando le condizioni disastrose delle infrastrutture ferroviarie dell’Est Europa, il reportage sa trasmetterne a pieno il fascino: i binari attraversano distese di natura selvaggia, gigantesche industrie o piccoli villaggi, con i loro mercati allestiti ai lati delle stesse rotaie; le stazioni ospitano passeggeri annoiati, operai, nonne cariche di viveri che tornano ai villaggi, ragazzi che marinano la scuola. Ogni vagone non è soltanto lamiera e sedili, ma protagonista di centinaia e migliaia di storie diverse che lo hanno attraversato, vecchio compagno di lunghi e lenti viaggi, essere personificato con cui l’autore sembra instaurare un rapporto speciale.

Con un tono rapido e descrittivo, Carlone riesce a restituire immagini vive e concrete e, se i libri hanno la capacità di trasportare altrove, pochi riescono a restituire così bene la vera essenza del viaggio, quello in cui non è la meta a contare davvero, ma il percorso.

Riproduzione riservata © Il Piccolo