Al Rossetti “Trieste 1954” con Cristicchi: «Amo scavare nella memoria»
Lo spettacolo diretto da Paolo Valerio apre la nuova stagione del Politeama Rossetti

«La memoria a Trieste è una cosa seria». A dirlo è l’archivista Persichetti che sta per tornare in città per una nuova, appassionante avventura indietro nel tempo. Sarà ancora una volta Simone Cristicchi a dare corpo e voce a un romano che è rimasto nei cuori di tutti in quella che si presenta come una emozionante apertura della stagione teatrale dello Stabile del Friuli Venezia Giulia. Il direttore Paolo Valerio ha scelto “Trieste 1954” per celebrare l’inizio di una lunga serie di spettacoli che si susseguiranno a partire da oggi, partendo proprio dalla città del Rossetti.
Lo spettacolo, che sarà in scena nella sala Assicurazioni Generali fino a domenica 12, porta la firma dello stesso cantautore che ha lavorato al testo con Simona Orlando, mentre è lo stesso Valerio a curarne la regia.
In scena, oltre a Cristicchi, ci sarà l’orchestra del Teatro Verdi di Trieste diretta da Valter Sivilotti e quest’anno ci sarà anche il Coro della Fondazione preparato da Paolo Longo. Prosegue quindi la collaborazione tra i due grandi teatri cittadini che quest’anno vedrà il Verdi ospitare invece due versioni di “Romeo e Giulietta” con la regia di Paolo Valerio sia per l’opera che per la prosa.
Qualcuno ricorderà che “Trieste 1954” è andato in scena un anno fa, il 26 ottobre, nel giorno in cui si è festeggiato il 70° anniversario del ritorno della città all’Italia, ma in quella occasione è stato visto “solo” da 1500 persone: ora il Rossetti offre quindi l’opportunità a tutti di vederlo, anche a coloro che raggiungeranno la città per la Barcolana e potranno, volendo, conoscerne una pagina di storia che molto probabilmente, se non sono cresciuti in città, non conoscono.
Intanto Cristicchi si prepara per il debutto.
«È un grande onore e la riprova di un grande legame per la città e di un grande affetto che è cresciuto dal 2013 a oggi. Sono grato per la fiducia che mi ha concesso Paolo Valerio, che mi ha affidato quest’opera sulla città e sulla sua memoria, un argomento delicato».
Lei sapeva che Trieste era tornata all’Italia solo nove anni dopo la fine della seconda guerra mondiale?
«No. Da romano, parlando in giro dello spettacolo a cui lavoravo mi sono accorto che nessuno conosceva questa storia che sta negli angoli della memoria della Storia italiana che ancora dopo 70 anni non si conoscono. La affronto, come dico nello spettacolo, come un palombaro immergendomi nella profondità e riportando alla luce delle pagine di storia poco conosciute o dimenticate. A Trieste tutti la conoscono, ma quando proseguiremo in tournée fuori dalla città sarà un modo per raccontarla a molti altri».
Dopo “Magazzino 18” anche per questo spettacolo lei collabora con l’orchestra del Verdi. Come si trova?
«Questo spettacolo nasce da una collaborazione con il maestro Valter Sivilotti con cui ho scritto le musiche e gli arrangiamenti. Quando ho iniziato con l’orchestra ho avuto la sensazione di lavorare con una formazione di grandissimo valore, e ho sentito da parte loro una crescente fiducia in me nelle mie capacità di narratore. Insieme abbiamo, con un lavoro di squadra, fuso narrazione e musica».
Nel 2011 lei portò in scena in Sala Bartoli “Li romani in Russia”, uno spettacolo che definì vicino alla storia di suo nonno. Che differenza c’è tra raccontare parti di storia note a tutti e scavare nella memoria come per “Trieste 1954” ?
«Quella era la mia prima esperienza a teatro e nasceva dalla mia voglia di riempire il vuoto lasciato da mio nonno che aveva sempre cercato di rimuovere la memoria di quegli anni. Era una questione quasi famigliare, e si basava sulle ottave in dialetto romanesco di Elia Marcelli, quindi non ho dovuto fare ricerche. Per questo nuovo spettacolo invece abbiamo lavorato sulle testimonianze orali, con un lavoro certosino».
Quest’anno lei è ritornato al Festival di Sanremo con il brano “Quando sarai piccola”
«E due giorni dopo ero in scena al Rossetti! Il teatro è una grande parte della mia carriera ma quando c’è una canzone che mi piace particolarmente cerco di farla ascoltare al grande pubblico. Io mi sento ancora nel mondo del cantautorato ma faccio dei felici deragliamenti a teatro da quindici anni». —
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