Su Rai Storia la Trieste che diventa italiana

Tre ricercatori, un uomo e due donne, e il racconto delle varie fasi della costruzione del Faro della Vittoria (1918-1927), che doveva illuminare il golfo e celebrare il passaggio di Trieste all’Italia. Sono i protagonisti e la storia al centro di «Trieste verde bianco e rosso» che Rai Cultura propone questa sera alle 22.10 su Rai Storia. Il film – che unisce il linguaggio del documentario storico e di quello d’inchiesta – alterna al racconto un collage di testimonianze storiche, filmati, fotografie, lettere, memorie, e resoconti, documenti. Primo protagonista è un ricercatore, appassionato di pellicole del cinema muto, e di dagherrotipi dell’inizio’900, che all’inizio del film guarda al rallentatore le immagini dell’arrivo a Trieste dell’incrociatore Audace e dello sbarco dei bersaglieri e del Tenente Generale Petiti di Roreto. Su uno schermo accanto c’è, invece, il filmato dell’arrivo delle salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, l’evento che scatenò la prima guerra. Era il 2 luglio 1914. Erano passati solo quattro anni, i due filmati erano stati girati praticamente nello stesso luogo, ma tutto era diverso: uno era un funerale, l’altro doveva celebrare la liberazione; in uno c’era una solennità formale, nell’altro quasi una fretta, totalmente priva di qualsiasi cerimonia. Ci sono, poi, le due donne che si incontrano durante i loro studi e ricerche. La prima è una docente viennese, che arriva a Trieste per studiare come la città si trasforma con l’arrivo dell’Italia e per approfondire l’influenza della cultura austro-germanica nel mondo intellettuale triestino e goriziano. La seconda ricercatrice è slovena e sta studiando la trasformazione economica della Trieste italiana, e i suoi effetti sulla comunità slava. —

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