Sulle tracce degli Stati cancellati dalla storia a partire dalla Serenissima

il libro
Gli Stati nascono, si trasformano e a volte muoiono. Agli Stati scomparsi è dedicato un progetto, ideato dal giornalista Giovanni Vale, che prenderà avvio a marzo e che prevede la pubblicazione di una serie di guide. Non dei veri e propri libri di storia, né delle guide turistiche mordi e fuggi, piuttosto una via di mezzo. Il primo volume sarà dedicato alla Repubblica di Venezia.
L’idea è quella di presentare l’eredità culturale, gastronomica, linguistica che alcuni Stati cancellati dalle vicende storiche hanno lasciato dietro di sé. Con un approccio leggero e piacevole, ma preciso nei fatti, si vuole mettere a confronto lo Stato scomparso e i suoi eredi di oggi. Vale è collaboratore del Piccolo da Zagabria, scrive anche per altre testate italiane e straniere (Corriere della Sera e Libération tra le altre) e negli ultimi anni ha aggiornato anche diverse guide turistiche per gli editori francesi Petit Futé e Gallimard e per il Touring Club Italiano. Da qui è nata l’idea di fare una serie di guide dedicate agli Stati scomparsi, viaggiando sui confini del passato di entità politico-amministrative che non esistono più, ma che hanno lasciano un segno che dura ancora nel tempo. Un filo rosso che arriva da lontano e che le parole raccontano molto bene: in Croazia per dire asciugamano si usano tuttora tre termini, sugaman, ručnik e peshkir, altrettanti lasciti veneziani, slavi e ottomani.
Vale ci tiene a precisare che non si tratta di un’operazione nostalgica o di revisionismo storico ma, «al contrario, di una guida che vuole essere una risposta pratica e in un certo senso “leggera” al nazionalismo che riconquista oggi l’Europa. Una sorta di antidoto per viaggiatori contro il nazionalismo, dato che mette in evidenza quel substrato culturale che ci accomuna ad altri popoli, oggi separati da nuove frontiere».
Si parte dunque dalla Serenissima, andando alla ricerca della sua anima cosmopolita. Venezia, giunta all’apogeo della sua potenza prima che sorgessero gli Stati nazione, era una Città-Stato che aveva forte il senso del proprio potere, ma che era cosmopolita per vocazione mercantile. Nei campielli veneziani si parlavano tante lingue. Alessandro Marzo Magno, in un podcast che si può ascoltare nel sito del progetto editoriale (www.statiscomparsi.it) racconta come fosse fiorente a Venezia la stampa dai torchi delle tipografie uscissero testi in greco, in arabo, in cirillico.
Per realizzare questa prima guida Giovanni Vale ha intervistato oltre quattrocento persone, da Bergamo a Nicosia, in una geografia che segue quelli che erano i confini della Serenissima, con l’obiettivo di raccontare una storia quanto più possibile condivisa; ma raccogliendo i punti di vista di croati, greci e albanesi ha portato in luce i punti di resistenza a una sostanziale condivisione. Prendiamo il bombardamento del Partenone, avvenuto durante una delle guerre in cui furono coinvolti i Veneziani. Un episodio che non sfugge al visitatore del museo di Atene, dove viene menzionato, ma che in Italia sconta ancora un punto di vista diverso. Oppure la supposta casa natale di Marco Polo a Curzola. Non ci sono prove che il gran viaggiatore sia nato lì, ma qualcosa ha fatto sì che si consolidasse il mito di una supposta origine dalmata di Marco Polo. Come mai sia potuto accadere Vale è andato a chiederlo a un’antropologa croata.
Parlare del rapporto tra Venezia e l’Albania significa poi scoprire il ruolo importante che gli albanesi hanno avuto nella storia della Serenissima. La prima Scuola di “foresti” a essere aperta a Venezia, nel 1448, è stata quella degli albanesi, prima dell’apertura della Scuola dalmata (1451) e prima anche della Scuola dei greci. Ma del periodo veneziano in Albania è rimasto poco e niente. A Scutari si intravede la coda di un leone alato, a Durazzo sono rimasti il castello e la torre, a Butrinto una rocca, ma è tutto: qualche rovina qua e là. Non soltanto perché l’80% di ciò che c’era (in particolare delle chiese cattoliche) è andato perduto nei secoli sotto l’Impero ottomano, ma anche perché quel poco che era rimasto è stato distrutto nel ’900 sotto il regime di Enver Hoxa e oggi effettivamente c’è il vuoto.
La guida sarà pubblicata con il sistema del crowfunding, verrà cioè autofinanziata. Dalla prevendita del libro, che inizierà a marzo, saranno ricavati i fondi per stampa e grafica del testo. La guida si potrà comprare on-line e sarà poi spedita a casa nei mesi successivi. Per leggere un capitolo, nel sito statiscomparsi.it si può lasciare la propria e-mail e si riceverà il capitolo su Almissa, una cittadina sulla costa dalmata famosa perché era un nido di pirati, e in cui Vale ha rintracciato un ingegnere che ha ricostruito la barca di quegli antichi pirati ed è pronto la prossima estate a farle solcare di nuovo i mari.
Nelle prossime settimane verranno pubblicati in rete dei podcast e dei contenuti in anteprima della guida. Attualmente sono scaricabili i primi due podcast con interviste ad Alessandro Marzo Magno e a Marino Budicin, rispettivamente sull’origine dello stile corsivo e sulla storia di Rovigno. Dopo quella sulla Serenissima, altre guide per i turisti degli stati scomparsi si preparano; non mancano le suggestioni, dall’Impero austroungarico all’Andalusia araba. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo