Trieste, arte e solitudine: la vita di Nathan in scena al Revoltella

TRIESTE Il sottile fil rouge dei quadri dall’allure metafisica di Arturo Nathan si compone di diversi fili intrecciati, espressione inconfondibile della potente cifra stilistica del pittore triestino di famiglia ebraica, tra i principali interpreti e protagonisti della culturalmente prospera Trieste dei primi decenni del Novecento.
Tele in cui l’inquietudine e il senso di desolazione sono accentuati da paesaggi inospitali e remoti, luoghi che possiedono la capacità di trasmettere allo spettatore una palpabile sensazione fisica di gelo e abbandono. Opere oniriche intrise di suggestioni metafisiche, sullo sfondo paesaggi con rovine silenziose, mari solcati da cupi naufragi, spiagge abitate da colonne spezzate, alberi di navi divelti e, ancora, minacciosi vulcani in eruzione.
Elementi costanti delle tele di Nathan, che distillano l’ingrediente principale della sua poetica pittorica, vale a dire la solitudine. Parte da questo vuoto esistenziale che ha contraddistinto la vita del grande artista morto nel 1944 nel campo di concentramento di Biberach, la narrazione scenica “Arturo Nathan, artista della solitudine” , produzione Bonawentura Teatro Miela, pièce che porta la firma di Sabrina Morena, interpretata da Maurizio Zacchigna, inserita nella programmazione estiva del Museo Revoltella “Storie nell’arte, percorsi teatrali”, ideata da Laura Forcessini.
Giovedì 20 luglio alle 18 – con replica domani, 21 luglio, alla stessa ora – al quinto piano del museo di arte moderna di via Diaz, in scena la vita, il pensiero e il percorso di ricerca artistico di Nathan attraverso ciò che le sue oniriche opere esprimono, ma anche tramite le testimonianze della sorella Daisy e della ristretta cerchia di amici, espressione della crème dell’intellighenzia cosmopolita triestina della prima metà del’900.
Da Manlio Malabotta a Carlo Sbisà, da Italo Svevo a Bobi Bazlen, Cesare Sofianopulo e Leonor Fini, protagonista giovedì e venerdì prossimo dell’appuntamento “Guardiana dei sogni” di Corrado Premuda, con Sara Alzetta.
Autodidatta, Nathan iniziò a dipingere al ritorno dalla guerra nel ’19 come percorso terapeutico per superare la depressione, su suggerimento dello psicoanalista Edoardo Weiss, l’allievo triestino di Sigmund Freud. Già nel 1926 partecipa con le tele ispirate al realismo magico alla Biennale di Venezia, appuntamento con l’arte che manterrà fino alle leggi razziali, che daranno il via alla parabola conclusiva della sua esistenza, prima con il confino e il campo di prigionia in Italia, e poi con la deportazione a Bergen-Belsen e Biberach, dove morirà a 53 anni.
Tra gli anni ’20 e ’30 ha dipinto pressappoco 150 opere, metà della quali sono andate distrutte nei bombardamenti. Circa un’ottantina le tele conservate oggi nei musei, tra cui quelli di Arte contemporanea di Mosca e di Milano, il museo di Arte moderna di Tel Aviv e il Revoltella, che nel ’76 ha dedicato a Arturo Nathan un’ampia retrospettiva. I biglietti per le singole rappresentazioni sono in vendita dalle 17.30 al museo stesso, oppure in prevendita (15-19) alla biglietteria del Teatro Miela. In scena anche il 23 e 24 agosto e il 28 e 29 settembre.
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