Trieste Film Festival incorona il russo Chlebnikov

TRIESTE. È già sul set a girare il suo nuovo lungometraggio in Russia, Boris Chlebnikov: il 45enne regista di Mosca ha appreso troppo a ridosso della premiazione di ieri sera al Rossetti di esser lui ad aver conquistato il maggior riconoscimento della 29° edizione del Trieste Film Festival. La dura quotidianità a stretto contatto con il dolore e la morte di una coppia di giovani paramedici che si dibattono per salvare il loro matrimonio tra derive alcoliche e un sistema sanitario sempre più inumano raccontata nel suo film “Aritmija” ha conquistato il pubblico facendogli vincere i 5.000 euro del premio Trieste al miglior lungometraggio in concorso.
Un film sicuramente più accessibile, per tematica e linguaggio, della maggior parte dei nove in gara, che conta su un ritmo, a dispetto del titolo, ben cadenzato e una prova d'attori - Aleksandr Yatsenko, attore feticcio di Chlebnikov, e Irina Gorbacheva – realistica e coinvolgente; film che ha goduto però anche di una programmazione oraria favorevole per tirare la volata nella raccolta voti, in un concorso che comunque non ha riservato, come avvenuto in passate edizioni, grandi colpi di fulmine.
Una presenza italiana, Stefano Tealdi di SteFilm, ha ritirato invece il premio Alpe Adria Cinema offerto dallo Studio Boscolo&Partners per il miglior documentario in concorso: 2.500 euro che sono andati agli appassionati gregari di “Wonderful Losers: A Different World” di Arunas Matelis, seguiti dal cineasta lituano per ben sette anni al Giro d'Italia, registrando i sacrifici a base di incidenti e disfatte di questi “Sancho Panza” del ciclismo.
Quattro i giorni triestini di festival per Matelis, che ha presentato il film e incontrato il pubblico nelle mattinate al Caffè San Marco; ripartito, è stato il co-produttore e distributore italiano Tealdi a stringere ieri sera il premio per il documentario più amato dal pubblico dei nove totali in gara.
Pubblico che nella competizione riservata agli short film si è appassionato a una storia che riflette sulla difficoltà di rispettare i propri principi morali davanti ai più drammatici imprevisti, come nel caso del protagonista, neo dirigente di una cava subito messo alla prova da un incidente. Il TsFF Corti al Miglior cortometraggio tra i 15 in concorso è andato quindi a “60 Kilo Niczego” (60 chili di nulla) con Piotr Domalewski, polacco classe '83, al debutto, che si è aggiudicato i 2.000 euro di riconoscimento.
«Piacevolmente sorpresa da un film che, con sguardo elegante e creativo, parte dall’autobiografia per raccontare un capitolo poco conosciuto della storia del XX secolo». Così si è detta la giuria che ha assegnato il premio Corso Salani a “L'uomo con la lanterna” di Francesca Lixi, sulla figura misteriosa dello zio bancario nella Cina anni '20, sceneggiatura di Giovanni Cattabriga del collettivo Wu Ming; menzione speciale a “Country for old man” di Pietro Jona e Stefano Cravero: «Film che, con sensibilità e precisione, racconta le tante contraddizioni e sfaccettature degli Stati uniti di Trump attraverso una storia di inedita migrazione».
Ancora in tema documentari, il premio Osservatorio Balcani e Caucaso è andato a “La Nazione Morta” di Radu Jude per il «contributo artistico di grande valore per la contrastata elaborazione della memoria pubblica della Shoah in Romania» mentre il canale SkyArteHD acquisirà l'estone “Soviet Hippies” di Terje Toomistu. Tra i lunghi, il coraggio di Ivana Mladenović nel raccontare l'amore omosessuale rom in “Soldiers. Story From Ferentary” le è valso il premio Cineuropa mentre, ancora in tema di registe vincenti, la giuria 18-35 anni del Progetto Area Giovani del Comune ha preferito lo slovacco “Rudar” (The Miner) di Hanna Slak, per «aver portato la luce nell'oscurità di un luogo, di un periodo, di un fatto storico».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo