Tropicana, una famiglia di amare risate

TRIESTE. I rapporti familiari sono qualcosa di fondamentale, delicato e bellissimo, nella vita di ognuno, e si paga certo in sofferenza, se diventano lacunosi. Lo fotografa efficacemente "Tropicana" di Irene Lamponi, autrice trentenne che fra risate e lacrime, trova la chiave e il linguaggio per raccontare una storia familiare attraverso gli occhi di una ragazza cui mancano figure di riferimento credibili.
"Tropicana" è in scena alla Sala Bartoli questa sera, alle 19.30 (stesso orario venerdì; mercoledì, giovedì e sabato alle 21; domenica alle 17), per il cartellone “altripercorsi” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
La commedia ha il potere di tratteggiare pene e confusioni che appartengono largamente alla nostra società, e di parlare senza retorica a giovani e adulti: sarà infatti difficile non trovare qualcosa di sé in Lucia, Nina, Meda e Leo, i protagonisti della pièce.
Fra loro c'è un'ombra, un personaggio attorno alla cui assenza tutto ruota: è Mauro, marito di Lucia e padre di Nina, che ha lasciato la sua famiglia per un nuovo amore da cui presto nascerà un bimbo. Lucia da in lato somatizza in abulia e attacchi di panico questo dolore, dall'altro inganna sé stessa, convincendosi che il marito ritornerà, e si appoggia in tutto alla figlia.
Nel vuoto di Mauro, trova un posto in casa Meda, una vicina che soffre di solitudine, ma che finisce per invadere l'ambiente familiare. L'arrivo del nuovo fidanzato di Nina, Leo (e poi il suo repentino distacco), rompe il flebile equilibrio fra le tre donne che iniziano ad esprimere i propri reciproci sentimenti, addossarsi colpe o rimorsi. Questa spirale di dolore trova un arresto solo quando, sia Nina che Lucia, ammettono l'una all'altra di soffrire per l'assenza di Mauro.
Ritrovato un punto d'unione, madre e figlia iniziano a ricostruirsi, Meda e Leo rientrano in famiglia, ed anche una telefonata di Mauro lascia sperare che si possa iniziare - su basi diverse - una nuova vita in equilibrio.
È coraggiosa ed emblematica la scelta di Nina di non fuggire: il testo infatti propone un'altra possibilità. Quella di affrontare il nemico, rimediare al malessere attraverso la cura, che si trova sorprendentemente proprio "dentro i rapporti". Il loro nuovo cammino, così, non genererà rimorsi ma soluzioni.
Costruita in modo ironico e toccante, e a partire da un punto di vista fresco e partecipe, la commedia è nata all'interno di "Crisi", un laboratorio di drammaturgia permanente condotto da Fausto Paravidino, avviato al Teatro Valle Occupato di Roma, in cui si è potuto sperimentare nuovi modelli creativi condividendone gli sviluppi con attori, autori, registi e spettatori.
Trentenne, veneziana, Irene Lamponi si è formata al fianco di registi come Emma Dante, Jurij Ferrini, Fausto Paravidino, Claudio Tolcachir, Andrea Lanza. Nel 2010 avvia progetti teatrali indipendenti entrando a far parte della compagnia "AltroQuando" di Genova, e iniziando a mettersi alla prova come drammaturga. Scrive quattro testi teatrali "Labbra", "Tropicana", "Cieli Neri" e "La pace denunciata", quest'ultimo assieme allo scrittore olandese Ilja Leonard Pfeijffer. I suoi spettacoli, oltre che in Italia, sono stati rappresentati in Belgio, Olanda e Cina.
«È uno spettacolo in cui si ride molto e insieme si piange», dice Andrea Collavino, regista della pièce. «I personaggi si fanno del male perché non capiscono cos'è che li fa soffrire, ma fanno di tutto per risolvere i loro problemi perché vogliono vivere anche se non lo sanno. Ci sono testi teatrali che si leggono e si amano, così, a prima vista, senza bisogno di spiegare più di tanto perché. È così che mi è accaduto leggendo "Tropicana"».
«La materia "rapporti familiari" - spiega il regista - riguarda tutti, ma ciò che trovo singolare nel testo è la capacità di rendere comicamente i momenti tragici, di dare universalità alla vita che si svolge tra le pareti domestiche. Davanti a questi personaggi ci chiediamo continuamente perché. Perché queste persone stanno insieme? Perché Nina non se ne va? Perché Leo resiste? Perché ciò che fa male fa anche bene? E l'elenco si allunga mano a mano che la storia procede. È ciò che il buon teatro deve fare secondo me: rendere naturale il porsi domande scomode, e poi vedere un riflesso di se stessi in tutti i personaggi».
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