Una “montagna incantata” in scena al Teatro Sloveno per riflettere sui nostri mali

TRIESTE. Hans, giovane borghese di Amburgo, si reca in visita dal cugino militare, malato di tubercolosi e ricoverato di un sanatorio sulle montagne svizzere. Siamo negli anni che precedono la prima guerra mondiale. Hans prevede di rimanere lassù, nel freddo abbraccio delle Alpi, solo qualche settimana. Il suo soggiorno durerà invece sette anni.
Nella scarna trama appena enunciata è possibile riconoscere uno dei grandi romanzi del secolo scorso, quella “Montagna incantata” che Thomas Mann pubblicò nel 1924, dopo altrettanti capolavori come “I Buddenbrook” e “Morte a Venezia”.
Oggi che il teatro ambisce a uscire dai consueti binari della prosa, ecco che anche un romanzo - un romanzo avvolgente, complesso - e il mistero di quella montagna che strega le anime e la mente, possono trasformarsi in uno spettacolo. E riportarci al periodo che, in occasione del centenario della prima guerra mondiale, è stato in questi mesi al centro di svariate attenzioni.
“‹arobna Gora” (La montagna incantata) inaugura stasera, alle 20.30, la stagione del Teatro Stabile Sloveno, nel quadro di una coproduzione che vede affiancati in locandina Tss e il Drama di Lubiana. La regia è di Mateja Koležnik, che già la scorsa stagione, a Trieste, aveva lavorato sull'insolito terreno dei drammi No dello scrittore giapponese Yukio Mishima (il suo allestimento è stato premiato in ben tre categorie al Borštnikovo Sre›anje 2014, il più autorevole riconoscimento scenico della Slovenia). Oltre agli attori del Tss, nell’allestimento figurano anche due attori di primo piano nel panorama teatrale d’oltreconfine: Igor Samobor e Marko Mandi„.
L'adattamento dal romanzo di Mann è di Katarina Pejovi„, drammaturga croata che in occasione del debutto illustrerà al pubblico (prima dell’inizio dello spettacolo, alle 20) le ragioni delle proprie scelte.
«Suggestionabile, maldestro, ingenuo, anche goffo - dice Pejovi„ - il protagonista della ‘Montagna incantata’ è apparentemente un ‘eterno allievo’, che potrebbe diventare per noi un vero maestro. Perché solo liberandoci dai preesistenti modi e modelli di intendere le cose, imparando nuovamente, solo così possiamo salvarci dal fondo cieco della globalità».
«C'è una considerazione che mi appare al tempo stesso affascinante e terribile per il nostro tempo – aggiunge la regista Mateja Koležnik - ovvero che lo viviamo così in fretta da poterci permettere una riflessione su noi stessi soltanto durante la malattia».
È facile scorgere il riflesso che il romanzo di Mann lascia sul presente, oggi che la ripresa dei conflitti armati, magari vissuti a distanza, ma in un mondo sempre più globale, sempre più connesso, pone problemi non dissimili da quelli che turbavano la coscienza dello scrittore tedesco nei primi anni Venti.
Il tema è attuale dunque, e al tempo stesso ha un rilevo storico: ciò che il Teatro Stabile Sloveno ha previsto di affrontare affiancando alla “Montagna incantata” anche un secondo allestimento, questa volta in coproduzione con Il Teatro Stabile Fvg, per lo spettacolo che in questi giorni è in prova e che debutterà la settimana successiva. Si tratta di “Trieste, una città in guerra”, titolo che sposterà l’obiettivo storico sulla dimensione locale. Il testo è stato scritto da Marko Sosi› e da Carlo Tolazzi, la regia è affidata al 32enne Igor Pison. A lavorare assieme saranno gli attori sloveni della compagnia del Tss e quelli della triestina Casa del Lavoratore Teatrale.
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