Villa Cesare a Salvore ascesa e caduta di grandi costruttori fra Trieste e l’Istria

Marina Petronio racconta in un libro la storia  di Stanzia Grande, la tenuta oggi ridotta a un rudere



Sembrava un castello quasi incantato, ma ora è ridotta a un malinconico rudere, la Stanzia Grande di Salvore, magnifica residenza di campagna acquistata nel 1877 da Carlo Cesare in una posizione strategica per l’Istria: una sorta di paradiso oggi perduto, realizzato secondo gli stilemi ottocenteschi del neogotico e quindi dell’eclettismo e simile per certi versi, anche se in scala inferiore, al Castello di Miramare e alla Torre del Lloyd a Trieste, di cui ripete le merlature. E al Castelletto di Barcola, eretto alcuni anni dopo dalla stessa famiglia di coraggiosi imprenditori in campo edile e armatori.

Un libro, firmato da Marina Petronio e intitolato “Stanzia Grande di Salvore. Le fortune di Carlo Cesare in Egitto, a Trieste e in Istria” (pagg. 134, € 14, Luglio Editore) apre ora uno squarcio documentato con cura e passione sulle vicende di questa affascinante tenuta, che la lungimiranza di Carlo seppe trasformare in una grandiosa azienda agricola. Una storia che s’intreccia strettamente a quella della famiglia Cesare, del capostipite e dei suoi otto figli. In particolare di Alessandro e Alfredo, che proseguirono le iniziative imprenditoriali paterne, e della primogenita Emilia che, dopo il naufragio del suo matrimonio, fece costruire vicino alla Stanzia Grande, Villa Lotta, collegata alla prima da un viale carrozzabile lungo quasi un chilometro, una sorta di romantica galleria protetta da grandi cespugli di alloro attraverso i quali la luce filtrava appena…

Stanzia Grande (o Villa Cesare) rappresenta però, attraverso la sua apoteosi, corrispondente all’ascesa imprenditoriale della famiglia, e attraverso la sua caduta nel degrado, successivamente alle vicende del secondo conflitto mondiale, anche la testimonianza di un’epoca e di un mondo strettamente legati a Trieste e oggi scomparsi.

Tutto era iniziato qui nel 1813 con la nascita di Carlo, bisnonno materno di Gianni Slavich, che ha fornito all’autrice una ricca documentazione sulla storia della famiglia. Era la Trieste dello stile neoclassico, che i francesi, in seguito alla sconfitta di Napoleone a Lipsia, abbandonavano, dopo averla immiserita. Ma c’era un faro di luce sull’altra sponda del Mediterraneo, dove la presenza e la cultura italiane erano molto gradite. Era Alessandria d’Egitto, liberata dagli inglesi e dai Mammalucchi da Muhammad Ali Pasha al, abile militare e diplomatico di origine albanese che operava per l’impero ottomano e la cui progenie avrebbe dominato fino alla rivoluzione del’52 di Naguib e Nasser.

In tale contesto incontriamo il giovanissimo Carlo, figlio di un falegname, partito da solo, a 10 o 12 anni, per la città cosmopolita, guidata da un illuminato Muhammad, proteso verso l’Europa. Qui il ragazzetto si fa uomo e costruisce una grande fortuna finanziaria divenendo anche, pare, segretario del Khedivé d’Egitto. Prende in moglie Giuseppina, poco più che quattordicenne e di diciassette anni più giovane. Un matrimonio felice che vede Carlo marito e padre amorosissimo.

Nel 1864 ritorna a Trieste, dove i figli Alessandro e Alfredo proseguono brillantemente la sua strada: il primo, tra le molte cariche, console onorario del Regno d’Italia, è titolare di un vero impero con un’impresa edile e una di costruzioni navali. A lui si devono, oltre al castelletto, l’Hotel Meublé, la sede della Società Canottieri Nettuno e l’elegantissimo Bagno Excelsior a Barcola, dotato anche di un teatro, e il Bagno Alla Diga di fronte a Piazza Grande. Armatore avveduto, punta ai collegamenti anche postali tra Trieste e Istria, Dalmazia, Grado, Monfalcone, Venezia, che poi cede ad Alfredo.

Che, nel “paradiso” sospeso tra cielo, mare e terra di Stanzia Grande, edifica Villa Ziani, seguendo la stessa tipologia – a elegante uso abitativo e rurale – della Stanzia e di Villa Lotta, cui si aggiungono anche le due Stanzie di Groppia nel distretto di Pirano. L’incanto si rompe con la seconda guerra mondiale: nel’47 avviene l’esproprio definitivo e la famiglia abbandona Salvore per Trieste. Oggi la Stanzia è un rudere mal abitato, classificato quale “bene abbandonato”, ma il libro testimonia la possibilità di una ricostruzione fedele – auspicata dalla Petronio – di quella che negli anni Trenta il Touring Club considerava la più bella villa istriana. —

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