“Cold War” di Pawlikowski la storia attraverso le emozioni

Un amore tra Polonia, Parigi Berlino e la Jugoslavia dalla fine della Seconda guerra mondiale agli anni ’60 ispirata dai genitori del regista

ROMA. Viva il bianco e nero quando racconta così bene i sentimenti come è in 'Cold War' di Pawel Pawlikowski, cerchio d'amore melò che parte dalla Polonia, tra le macerie della seconda Guerra mondiale, e lì ritorna alla fine degli anni Sessanta. E questo attraversando Parigi, Berlino e la Jugoslavia in un film pieno di musica, da quella folkloristica polacca fino al jazz. «Il film punta sulle emozioni che attraversano la storia» ha detto il regista polacco, già premio Oscar per 'Ida’, agli Efa (gli Oscar europei) di Siviglia dove con 'Cold War', dopo aver vinto a Cannes il premio della regia, ha sbancato portandosi a casa cinque statuette: miglior film, regia, sceneggiatura, attrice europea (Joanna Kulig) e montaggio.

Candidato agli Oscar il film, in sala in Italia dal 20 dicembre con Lucky Red, inizia nella Polonia del '46 con minimaliste riprese di un gruppo musicale e danze popolari: i Mazowsze. Da qui l'idea dell'allora partito comunista di rinnovare questo gruppo tramite un casting. Un modo per formare una nuova realtà artistica che fosse un biglietto da visita per la Polonia fedele ai valori comunisti. Qui si incontrano per la prima volta That Wiktor (Tomas Kot), musicista selezionatore del cast insieme a Irena (Agata Kulesza), e la bella popolana Zula (Joanna Kulig), il tutto, ovviamente, sotto la supervisione di un fedelissimo del partito: Kaczmarek (Borys Szcy). Per Wiktor è colpo di fulmine e Zula, tra opportunismo e vera fascinazione, ricambia. Questo è solo l'inizio di una storia d'amore impossibile e piena di ostacoli. Tra Varsavia, Parigi e la Jugoslavia, i due si perdono, hanno altre storie, si inseguono. Lui si ritrova a un certo punto in galera per raggiungerla, mentre lei è ormai diventata una nota cantante.

'Cold War', girato come 'Ida’ nel canonico formato 1:1.37, è dedicato ai genitori del regista, entrambi scomparsi. «La loro storia è stata tempestosa. Si sono lasciati e ripresi mille volte e questo attraversando paesi e città. Erano fatti così». Sull'uso del bianco e nero: «Quando si fa un'opera la cosa più importante è trovare la forma e in questo caso era il bianco e nero». —



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