Da entertainers di balera a leggenda globetrotter

La storia degli Harlem, squadra di neri fondata da un ebreo. Iniziarono a Chicago sfidando per 100 dollari a scommessa gli spettatori degli spettacoli da ballo
Di Matteo Contessa

TRIESTE. Gli Harlem Globetrotters sono una delle più sublimi espressioni della pallacanestro, interpretando uno show fatto sì di gag da circo, ma basate comunque su qualità tecniche eccelse e grandi abilità funanboliche. Questo lo sanno tutti quelli che, seguendoli e ammirandoli, ne hanno costruito la leggenda. Pochi invece sanno che questa squadra rappresenta uno dei più grandi manifesti di rivincita razziale del secolo scorso: una squadra di neri fondata da un ebreo. Nacquero infatti nel 1926 grazie a un’intuizione di Abe Saperstein, che creò una squadra di basket per intrattenere i presenti durante l’intervallo degli spettacoli musicali delle big bands in una sala da ballo di Chicago, il Savoy Hall. Saperstein aveva comprato i Giles Post, una squadra di dilettanti che giocava nella Negro American Legion League, creata a causa del razzismo, cambiò il nome in Savoy Big Five e la trasformò in team professionistico facendola sfidare durante gli intervalli da 5 spettatori, con in palio 100 dollari di scommessa. A 100 dollari al colpo, vincendo naturalmente sempre, Saperstein fece dei Savoy Big Five una squadra famosa, non solo confinata nei tempi morti di una sala da ballo, ma destinata a dare spettacolo in giro per il mondo. Globetrotters, quindi. Harlem, il quartiere nero di New York, entrò nel nome per enfatizzare l’origine afro-americana dei giocatori anche in segno di protesta visto che, in quegli anni, ai neri era nella sostanza ostacolata la partecipazione ai campionati nordamericani di basket e baseball, i due più importanti sport nazionali. I giganti neri di Saperstein qualche soddisfazione sul campo se la tolsero comunque, come ad esempio quella del 1930, quando vinsero il Campionato Mondiale professionistico (precursore dell'attuale Nba), organizzato dal Chicago Tribune, contro i Lakers, che al tempo giocavano a Minneapolis, prima di trasferirsi a Los Angeles. Erano dei veri fenomeni di tecnica cestistica, ma Abe Saperstein intuì che qualcosa mancava. Così trasformò lo spettacolo, introducendo una parte “illusionistica” in quelle prodezze tecniche. Quella era la quadratura del cerchio per trasformare gli Harlem in ciò che sono ancora adesso, il pubblico amò da subito quei giochi di prestigio col pallone e i tanti risvolti comici che comportavano.

Negli anni hanno chiamato nelle loro file i più grandi interpreti di colore del basket: dal mitico Wilt Chamberlain, stella dell'Nba tra gli anni '60 e '70, al leggendario Reece Tatum, il primo “clown prince” degli Harlem, da Meadowlark Lemon a Marques Haynes (4 campioni talmente grandi che quando smisero vennero ritirate le maglie, nessuno ha più giocato con i loro numeri sulle spalle), per arrivare a Earvin “Magic” Johnson e Lynette Woodard, la prima donna chiamata a giocare nel team.

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