La sfida di Esco Matto, Davide contro Golia

L’impossibile (e incredibile) impresa di sei amici dilettanti che con una barca di nove metri scarsi staccano tanti maxi

TRIESTE. C'erano una volta un falegname, una impiegata, un idraulico, un operaio turnista alla Illycaffè, un tassista e un libero professionista. Tutti triestini, meno una, muggesana. Tutti maschi, meno una femmina, tutti della Lega Navale, eccetto lei del Circolo della vela di Muggia (e un altro, degli Amici del Mare). Tutti, rigorosamente, velisti locali. Che ieri mattina si sono svegliati, come quasi ogni weekend sono saliti in barca per partecipare alla Barcolana. Sono partiti “la prima barca in boa, tutto sotto Barcola”, e brezza per brezza hanno girato quinti la prima boa. Barca di 8,40 metri (praticamente per fare una Esimit Europa 2 ce ne vogliono quattro, in lunghezza), rigorosamente triestina, progettata oltre 15 anni fa da Dario Peracca. Si chiamano Christian Babic, Sara Postogna (al timone), Andrea Cusmich, Massimo Bernobich, Andrea Klun e Franco Polesello: sono l'equipaggio dell'Esco Matto, che ieri ha partecipato alla Barcolana con una barca di nemmeno nove metri, hanno girato quinti la prima boa e hanno tagliato il traguardo in una storica nona posizione. A memoria degli ultimi dieci anni, non era mai accaduto che una barca così piccola, in tempi di SuperMaxi, ottenesse un simile, incredibile risultato. È l'eterna storia di Davide contro Golia: Esimit Europa 2 si avvita su se stessa, non riesce a partire, il piccolo Esco Matto passa sottovento, pianin pianino, macina metro su metro e si avvicina, tanto da passare un buon numero di scafi lunghi il doppio o il triplo. «Ancora non ci crediamo – racconta l'armatore, il falegname Christian Babich, triestinissimo. Siamo appassionati di vela, ma siamo persone normali. Nessuno di noi è un professionista della vela». Non sanno nemmeno come esprimerla, come incanalarla, questa gioia. Entrano timidi in sala stampa, mentre i grandi campioni della vela vanno e vengono: accolti da una ovazione, sono il simbolo dei tanti Davide che “resistere si può”, e anche tagliare il traguardo della regata nei dieci, mentre il secondo di categoria, pari misura, è 29.o, ma è il ben più invelato Tiburon, e il terzo è il gemello Vipera, ancora dieci posti dopo.

Non è l'unica storia scritta ieri in Barcolana. È una delle tante storie. C'è quella di Fragolina, che partito esattamente da Miramare, dall'altra parte del Golfo rispetto a Esco Matto, rischia di essere anche primo per qualche minuto: viene da Ravenna, non è certo blasonata. Ma c’è anche la storia vista dai rimorchiatori, dai giudici e dal comitato di regata alle prese con un nuovo percorso. Anche questi, nella vita “normale”, svolgono professioni normali: c’è l’impiegato, il commercialista, l'infermiera... persone comuni che la seconda domenica di ottobre mettono in mare da tanti piccoli “Davide”, una regata enorme, con in acqua più di 1500 barche: farle partire, farle arrivare, farle navigare in sicurezza non è sicuramente cosa da ogni giorno. Così tra i tanti Davide, c'è appunto, Davide Favretto, il direttore sportivo alla sua prima Barcolana in questa veste. Non sale in gommone, coordina tutto da terra, ma soprattutto, chiede di raccontare la storia, anche, di chi questa regata la fa funzionare in mare: «Raccontate – chiede – del nostro entusiasmo: tra comitato e giuria ci siamo messi al servizio di questa grande regata e di quanti hanno navigato. Una grande squadra di persone felici di essere assieme, e di essere qui a gioire con quanti hanno vinto». E come tutte le storie, anche questa della Barcolana numero 45 pare avere già il suo lieto fine.

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