Maldini, Rocco e Cudicini In un libro i tre triestini nella leggenda del Milan

TRIESTE
Tre leggende di Trieste tra le leggende del Milan. Cesare Maldini. Nereo Rocco. Fabio Cudicini. A loro sono dedicati altrettanti capitoli del bel libro “Le leggende del Milan” (Diarkos editore, 242 pagine) di Antonio Carioti, giornalista delle pagine culturali del “Corriere della Sera” e tifosissimo rossonero.
MALDINI. Il capitolo dedicato a Cesare Maldini (“Alza la coppa, capitano”) non può che partire da una fotografia inamovibile dai libri sulla storia del calcio. Il difensore triestino, capitano del Milan, che solleva al cielo la Coppa dei Campioni a Wembley dopo aver battuto il Benfica Lisbona 2-1. È il 22 maggio 1963, data mandata a memoria da tutti quelli che hanno il cuore a strisce rossonere. Carioti lo descrive così, raccontando le caratteristiche tecniche. «Il triestino ha stoffa. Prestante, efficace di testa, attento e molto ben dotato dal punto di vista tecnico, non si limita a conferire maggiore tranquillità al reparto difesivo. Affetto da una lieve balbuzie, in campo non balbetta affatto».
ROCCO. Nereo Rocco è probabilmente uno degli allenatori italiani cui sono state dedicate più pagine. Inevitabile. Il Paron era unico. Impossibile immaginare un Rocco adesso, nell’epoca dei social e dell’immagine. Nel libro che omaggia le leggende rossonere, Rocco viene raccontato così, partendo da un episodio. Scrive Carioti. «Siamo all’indomani della drammatica gara di Buenos Aires con la quale il Milan ha vinto la Coppa Intercontinentale. Uno scempio di cui il trainer rossonero ha detto: “Non era calcio, era caccia grossa”. Alla “Domenica Sportiva” Enzo Tortora gli chiede: “Lei ha vinto tutto. Qual è il suo prossimo obiettivo?” Rocco, che in fondo era un timido estroverso, un po’ si schermisce, esita un attimo, quindi risponde: “So che non avverrà, ma mi piacerebbe portare in Serie A la Triestina o il Padova, poi smettere di fare l’allenatore”. All’apice del successo, dopo aver condotto un grande Milan sul tetto del mondo, il suo pensiero andava alle squadre forgiate nella parte iniziale della carriera, quella della sua città e la provinciale che aveva diretto con ottimi risultati primadi sbarcare nella metropoli».
CUDICINI. “Tra i pali un Ragno nero”. Non era destinato al Milan, Fabio Cudicini. Il club rossonero in realtà puntava a Dino Zoff che fu più veloce il Napoli di Achille Lauro (il Comandante, s’intende). Cudicini arrivò alla corte del Milan in punta di piedi. Non più giovanissimo, reduce da una stagione al Brescia. In rossonero si vide inizialmente messo in ballottaggio con Pierangelo Belli, di nove anni minore. E nei confronti del futuro “Ragno nero” Nereo Rocco aveva anche un’altra remora. Scrive Carioti: «Dato che Cudini è di Trieste come lui, l’allenatore non vuole esporsi all’accusa di favoritismo campanilistico. Anzi il Paron, convinto che il concittadino nei suoi otto anni alla Roma abbia un po’ battuto la fiacca, lo sottopone ad allenamenti durissimi, che il diretto interessato soffre parecchio». Al primo impegno stagionale importante Rocco scelse lui, il “Longo” come lo chiamava per il suo metro e 91. E non ebbe mai a pentirsene. Sui trionfi del Milan c’è il calco delle manone di Cudicini. —
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