«Morosini era vivo na nessuno ha usato il defibrillatore»

Testimonianza di un soccorritore. Zeman: «Perché nessuno si è fermato per la morte di Mancini?» Ieri l’omaggio del Picchi
Un momento del giro di campo della bara di Piermario Morosini allo stadio Armando Picchi di Livorno, 17 aprile 2012. ANSA/FRANCO SILVI
Un momento del giro di campo della bara di Piermario Morosini allo stadio Armando Picchi di Livorno, 17 aprile 2012. ANSA/FRANCO SILVI

ROMA. Piermario Morosini è rimasto in vita per almeno dieci minuti dopo il primo arresto cardiaco. È quanto emerge da alcuni dati dell’autopsia. Nonostante allo stadio ci fossero ben tre defibrillatori nessuno ha ritenuto opportuno in quel momento utilizzare quella tecnica di rianimazione. Non solo ma il giocatore è stato caricato sull’ambulanza oltre sei minuti dopo la sua prima caduta. Tutti elementi questi che entreranno negli atti dell’indagine per omicidio colposo aperto dalla Procura.

Marco Di Francesco, intervenuto sabato scorso in campo a Pescara, ha raccontato la sua versione sui soccorsi al calciatore Morosini. Di Francesco ha detto, nella telefonata a un emittente abruzzese, che il defibrillatore in suo possesso era acceso e pronto all’uso, ma che è stato il medico del Livorno Porcellini, il quale stava assistendo il calciatore, a impedirgli di usarlo. Secondo il paramedico, «durante il massaggio cardiaco il ragazzo presentava un polso carotideo, e sputava la cannula, quindi era vivo...». Durante la telefonata il paramedico ha spiegato che secondo lui Morosini mostrava segni di vitalità.

Intanto ieri ad alimentare la polemica ci ha pensato Zeman. «Giusto fermare i campionati - ha detto il boemo - ma perché non è stato fatto altrettanto per il decesso di Mancini?».

La salma di Morosini in serata è giunta a Bergamo dopo il passaggio allo stadio Picchi dove sono accorsi migliaia di tifosi. Il suo ultimo giro di campo a Livorno, salutato da oltre 8.000 persone. Nel suo viaggio verso casa, verso Bergamo, il feretro di Piermario Morosini oggi si è fermato nella città toscana, al Picchi, lo stadio degli amaranto nelle cui file il centrocampista morto sabato a Pescara era arrivato nel gennaio scorso. «Sei nei nostri cuori, Moro sei nei nostri cuori»: questo l’urlo esploso al Picchi all’arrivo del feretro. Tutti in piedi i tifosi amaranto, tra applausi scroscianti e lacrime, mentre risonavano le note delle canzoni ’A tè di Jovanotti e ’Urlando contro il cielò di Ligabue, che il giocatore amava ascoltare. «Sei uno dei noi», hanno gridato a lungo dagli spalti, dove una folla commossa attendeva il feretro di Morosini, entrato nello stadio alle 14.55. I cancelli del Picchi erano stati aperti già alle 11.30 per permettere ai tifosi amaranto di dare l’ultimo saluto al giocatore. Presente anche l’Empoli calcio al completo, che ha preso posto nella tribuna centrale, mentre in mattinata quattro giocatori del Pisa avevano deposto un mazzo di fiori all’esterno dello stadio. Il saluto a ’Morò è iniziato con un giro di campo del feretro, che è entrato dalla gradinata, fermandosi sotto la curva nord. Dal sottopassaggio sono sbucati i giocatori del Livorno, tutti con indosso la maglia numero 25 di Morosini: piangendo ma sorreggendosi l’un l’altro, abbracciati, i calciatori amaranto hanno dato le spalle alla tribuna e atteso così l’arrivo di Piermario.

Riproduzione riservata © Il Piccolo