Vent’anni senza Oberweger monumentale leggenda dell’atletica leggera italiana

Trieste
Un Monumento della storia dell’atletica italiana, le cui gesta devono essere trasmesse alle generazioni presenti future. Il 14 ottobre 1998, ci lasciava Giorgio Oberweger, una delle figure più carismatiche e celebri che la nostra città abbia mai prodotto. Oberweger nato a Trieste il 22 dicembre 1913, si avvicinò all’Atletica, militando nella formazione della Giovinezza Trieste. La carriera del giovane atleta fu un susseguirsi incessante di trionfi e allori. L’apice della carriera di Oberweger, capace di collezionare un poker di successi tricolori nel lancio del disco (1934-36-36-38) e di migliorare il primato nazionale della specialità in nove occasioni sino a portarlo a 51,49 mt, furono i Giochi Olimpici di Berlino. All’Olimpiade tedesca, il triestino salì sul terzo gradino del podio nel lancio del disco, prova che due anni più tardi lo vide conquistare l’argento alla rassegna continentale di Parigi.
Leggendo gli scritti che parlano di Oberweger, ciò che fa impressione è la sua versatilità fisica, che gli permise di primeggiare anche nelle prove ad ostacoli, dove riuscì, nei 110 hs, a vincere il titolo italiano (1939) e a siglare il record nazionale, con 14”7. Chiusa la carriera da atleta, il medagliato a cinque cerchi, dopo aver conseguito la laurea in Legge, entrò nella Regia Aeronautica e per le sue operazione, da Pilota di Caccia, eseguite durante la Seconda guerra mondiale, fu insignito della Medaglia d’Argento e di 2 Croci di Guerra al valor militare. Terminate le ostilità, Oberweger iniziò a scalare le gerarchie nel mondo tecnico e dirigenziale della “regina degli sport”, dove svolse il ruolo di Ct del team maschile dal ’46 al ’60 e di tecnico unico di tutte le Nazionali dal ’64 al ’69, prima di entrare nel gotha dell’atletica dal ’68 al ’72, ovvero nel Consiglio della Iaaf (Federazione internazionale di atletica leggera). Prima di dedicarsi ad una meritata pensione, fu direttore della Scuola centrale dello sport di Roma, dimostrando la sua predisposizione a “parlare ai giovani”. –
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