Alla Sbe telecamere per evitare altri infortuni
La Procura di Gorizia ha aperto un fascicolo sul grave infortunio avvenuto sabato mattina alla Sbe di via Bagni. Ieri l’indagine avviata nell’immediatezza dei fatti dal magistrato di turno, Laura Collini, è formalmente passata in mano a uno dei magistrati che fa parte del gruppo specialistico competente in materia di lavoro e in cui rientrano Valentina Bossi, Paolo Ancora ed Erica Iozzi. Sarà ora suo compito, se necessario, consegnare deleghe specifiche ai carabinieri, cui erano state affidate le indagini, per eventuali approfondimenti o incaricare un perito al fine di ricostruire cause e dinamiche dell’incidente. Vittima Marina Bressan, 56enne operaia gradiscana, addetta al confezionamento di bulloni, travolta sabato dopo le 8 da un carrello elevatore automatizzato, nell’ultimo tratto del percorso compiuto dal robot. La donna è stata infilzata alla gamba destra da una delle due forche del “muletto” che si muove su percorsi stabiliti e normalmente si blocca davanti a un ostacolo, tranne in prossimità della presa finale, proprio per consentire le operazioni di deposito o acquisizione di materiale dai rulli, dove si trova il pallet col carico di scatole di bulloni.
L’arto è rimasto schiacciato. Bressan, elisoccorsa e trasferita a Cattinara, è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico, ma la gamba è salva.
Ieri allo stabilimento intanto si è tenuto un primo incontro tra sindacati (presenti oltre alle Rsu, Livio Menon per Fiom-Cgil e Alessandro Contino per Fim-Cisl), già in agenda per discutere di premi risultato, ma la discussione si è focalizzata sull’infortunio. «Installeremo telecamere di controllo per la verifica delle persone a distanza», ha annunciato a margine Alessandro Vescovini. Non significa che le postazioni saranno monitorate (la riforma del Jobs act introdotta dal governo Renzi ha confermato l’utilizzo della videosorveglianza per il controllo a distanza dei dipendenti, prima vietata da Statuto): sotto l’occhio elettronico finiranno «solo le zone potenzialmente pericolose su cui già l’azienda vieta la presenza del lavoratore», come precisato dal presidente della Sbe. Questo perché «dovremo essere più severi nella sorveglianza di certe aree, per tutela di operai e azienda». In via generale «le prassi sbagliate, nonostante i divieti, sicuramente ci sono» e l’unico modo per intervenire è la «repressione». Da quanto emerso e confermato sia da azienda che sindacati, l’operaia si potrebbe esser trovata nell’ultimo tratto, quello in cui il microchip anti-urto si disattiva, per «riposizionare una scatola fuori posto». È possibile svolgere la modifica in sicurezza: nel punto, inserito in una sorta di gabbia, c’è una porticina laterale da cui accedere per ovviare all’eventualità. La manovra fa in automatico scattare il blocco di rullo e carrello. Ma questa, sabato, non sarebbe stata attuata e, come riportato anche da Menon e Contino «la lavoratrice non doveva trovarsi in quel punto interno: una disattenzione c’è stata». Detto ciò, però Menon, aggiunge: «Secondo quanto appreso la prassi era diventata quasi routine e se un superiore non dice nulla nonostante il divieto dell’azienda allora è un problema: tutti i lavoratori dovranno stare molto più attenti». –
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