Cabinovia di Trieste, la protesta in piazza: «Non sulle nostre teste: è un’opera inutile, dateci ascolto»
Circa 250 persone si sono radunate per esprimere ancora una volta la propria indignazione

«Fischia il vento, infuria la bufera...Semo a Trieste, e bora ghe ne xe...». I fischi e le proteste del Comitato No Ovovia irrompono nell’aula quando i lavori volgono al termine, ancora con un nulla di fatto. I cittadini che da giorni si stanno armando di pazienza e assistono minuto per minuto a quell’inesauribile, a tratti esasperante dibattito-non dibattito scendono in piazza Unità, unendosi alle circa 250 persone (nelle stime della Questura) radunatesi per esprimere ancora una volta la propria indignazione verso quella cabinovia «inutile», «insostenibile» e «impattante» che il centrodestra intende portare avanti fino alla fine.
«L’ovovia ci lascerà tutti in mutande». «Ovovia la grande bugia, riprendiamoci la città». «Ovovia, ora basta», recitano i grandi striscioni colorati ai piedi del Municipio, mentre la piazza si riempie di quei cittadini da sempre contrari, dei residenti che temono per le loro case e per i terreni acquistati con anni di sacrifici, dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste, di famiglie e studenti universitari.
In piazza c’è Valentino, 30 anni, che un’idea precisa sulla cabinovia ammette di non averla, ma è lì per «informarmi e ascoltare meglio le voci del Comitato: mi preoccupa l’impatto che avrà sul bosco Bovedo, ma non c’erano alternative?».
Il microfono passa di mano in mano, dai volti simbolo della protesta popolare ai consiglieri di centrosinistra reduci da un assolato giorno di giugno trascorso nel palazzo di vetro della città: sono gli unici a rispondere all’invito, rivolto in realtà a tutto il Consiglio comunale, di scendere tra le persone e motivare le proprie posizioni.
«Non vogliono ascoltarci? Non potranno non sentirci», arringa la folla il referente del Comitato William Starc, amareggiato e indignato per «l’arroganza con cui il sindaco ha dichiarato di voler “andare avanti”, anche dopo il sondaggio che ha visto il 73% di “No” all’opera».

Quella di Donata Milazzi, scrittrice, è una delle tante voci di cittadini sistematicamente rimaste inascoltate in questo dibattito senza fine. «Cosa ne penso? Come sta la sanità, piuttosto? Se ho un problema sanitario ho tempi d’attesa mostruosi, sono costretta ad andare nel privato con spese molto elevate», osserva Milazzi, che poi ribatte: «E invece, questo progetto è davvero così importante da rischiare di spendere tanti soldi, quanti lo sapremo solo alla fine, per una cosa che, chiedo, serve davvero? Ascoltiamo piuttosto la voce della gente, democrazia significa ascolto: e visto che c’è stato anche un sondaggio, il responso direi che è molto chiaramente contro l’ovovia».
Paolo Calandra protesta contro la cabinovia da cinque anni. «Inconcepibile che non si voglia capire l’insostenibilità, e l’inutilità di quest’opera assurda», ripete agitando una bandiera azzurra, certo che «quei pochi che sono a favore, neanche sapranno quale sarà il punto d’arrivo: forse pensano a Monte Grisa?». E invece quella cabinovia «partirà dal nulla e arriverà nel nulla: solo questo – dice Calandra – basterebbe a non farla, a capire che anche se paragonata con altri progetti di altre città spesso citati dal sindaco, qui a Trieste non avrebbe alcun senso». Dalla piazza si solleva una versione rivisitata, in chiave cabinovia, di “Fischia il vento” canzone partigiana. «Semo a Trieste e bora ghe ne xe, ma el zupano ne se ga inacorto, l’ovovia vol ancora far...». —
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