L’appello degli operatori portuali di Trieste e le priorità del neopresidente Consalvo
I protagonisti dello scalo evidenziano intanto i capitoli più urgenti per il numero uno dell’Autorità portuale tra infrastrutture, fondi da difendere, rilancio dell’immagine all’estero e sicurezza del lavoro in banchina

Indica due priorità Marco Consalvo, il giorno dopo la nomina a presidente dell’Autorità portuale di Trieste e Monfalcone. Il nuovo numero uno si muove tra materiale e immateriale, richiamando da una parte la necessità di difendere i progetti infrastrutturali finanziati dal Fondo complementare al Pnrr – primo fra tutti Servola – e dall’altra la volontà di partire con un percorso di forte condivisione con una comunità portuale disabituata a interfacciarsi con un presidente, dopo 550 giorni di commissariamento.
Pure gli operatori hanno intanto le loro priorità, fra chi si sofferma sui finanziamenti a rischio e chi pone l’accento sulla promozione internazionale del sistema o ancora sulla digitalizzazione, sui rapporti tra armatori o sulla necessità di velocizzare lo sdoganamento.
La nomina
Il 58enne Consalvo, ingegnere di formazione e dirigente aeroportuale di professione, per le sue prime dichiarazioni si affida a una nota ufficiale dell’Authority, dove si sottolinea il ruolo «determinante» nello sviluppo di Trieste Airport con «crescita costante di passeggeri, nuovi collegamenti internazionali e progettualità avanzate per la transizione ecologica e lo sviluppo intermodale».
Il neopresidente
Dopo aver ringraziato il ministro Salvini e il governatore Fedriga, Consalvo indica le prime linee d’azione: «La priorità sarà imprimere un’accelerazione ai dossier in corso, assicurando massima focalizzazione per gli investimenti del Pnrr e delle altre progettualità».
Il secondo punto è sul metodo: «Condividerò un percorso di lavoro chiaro e responsabile con la comunità portuale, i lavoratori e le istituzioni, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo internazionale dei porti di Trieste e Monfalcone». Una mano tesa alla comunità, che ha ripreso ad andare in ordine sparso dopo l’uscita di scena di un federatore come Zeno D’Agostino.
Le infrastrutture
Il nodo delle realizzazioni sta a cuore a tutti gli operatori. ci si sofferma lo spedizioniere Francesco Parisi, invitando Consalvo a «riattivare i percorsi autorizzativi per tutti i lavori in corso: processi che senza il presidente hanno rallentato». Antonio Barbara, ad di Hhla Plt Italy, sottolinea che «ci sono fondi fermi che aspettano solo di essere spesi: per riprendere competitività servono infrastrutture come il Molo VIII e le stazioni di Servola e Aquilinia, che vanno messe a fattor comune».
L’ad di Adria Port, Peter Garai, dice che «bisogna sbloccare i progetti in stallo e, per quanto riguarda il nostro terminal all’ex Aquila, mantenere attenzione sulle autorizzazioni ambientali e sul reperimento di risorse per ultimare la banchina». L’agente e terminalista Enrico Samer guarda oltre: «Il lavoro del presidente avrà molto a che fare non solo con le infrastrutture già programmate e da finire, ma pure quelle future. Servono altri interventi, soprattutto ferroviari, per ampliare gli spazi: il traffico da intercettare c’è».
La dimensione internazionale
Altri operatori badano di più alla proiezione esterna. Il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, esorta Consalvo a guardare «alla costruzione del corridoio Imec, la cosiddetta Via del Cotone, posto che la Cina si affaccia a Capodistria. E poi bisogna riconnettersi al retroporto diffuso, sfruttando i terminal di terra e la strategicità del valico di Tarvisio negli scambi internazionali». Paolo Privileggio, presidente di Interporto Trieste, chiede al presidente di «rilanciare l’immagine di Trieste dopo un periodo complicato, che ci ha reso opachi: serve grande lavoro di marketing a livello internazionale per ribadire la nostra funzione europea».
La Uil Fvg, con il segretario Matteo Zorn, incalza affinché si «riprenda a correre per recuperare quanto perso a favore di Fiume e Capodistria, che hanno avuto un anno e mezzo in più per adeguarsi alla nuova situazione globale».
Il digitale
Chi lavora quotidianamente con gli sdoganamenti, domanda al presidente di rilanciare la digitalizzazione. L’ad di Autamarocchi, Roberto Vidoni, richiama l’importanza di «migliorare la viabilità di accesso ai terminal, digitalizzare il sistema per non usare più la carta e lavorare sul preavviso di uscita per ridurre le attese dei camionisti». Lo spedizioniere Stefano Visintin chiede di «rimodellare i varchi portuali e completare la digitalizzazione per rendere più veloce ingresso e uscita delle merci».
Monfalcone
E c’è Monfalcone che reclama attenzione. Giancarlo Russo, ad della Compagnia portuale, segnala «l’importanza di uno scalo che cresce a due cifre: bisogna risolvere il nodo dei rimorchiatori e lavorare di notte, sistemando l’intermodalità ferroviaria e aumentando i servizi doganali». Concorda l’armatore Augusto Cosulich, secondo cui «va superato il problema delle partenze notturne dei treni e prendere in mano la gestione della Dogana per aiutare gli operatori siderurgici».
La sicurezza
I sindacati invitano il presidente a occuparsi di sicurezza dei portuali. Stefano Mauro (Cgil) la ritiene «una priorità in tutti i terminal» e domanda pure «miglioramenti dei contratti integrativi per dare un segnale ai lavoratori, che sono la più grande infrastruttura del porto». Stessa linea per Giulio Germani (Cisl), secondo cui «è urgente mettere mano alla sicurezza, che ha registrato diversi infortuni e su cui la vigilanza ha avuto degli arretramenti».
Le relazioni sul territorio
Michela Cattaruzza, ad di Ocean, guarda infine ai rapporti locali: «Bisogna garantire la modalità di fare sistema, condivisa con operatori, associazioni di categoria e fornitori di servizi. Il “sistema porto” creato da D’Agostino ha dato grandi risultati e auspico che Consalvo dia continuità». Al proposito Cosulich annota «l’importanza di trovare soluzioni per il conflitto fra Grimaldi e Dfds».
Fabrizio Zerbini, presidente di Antep Fvg, chiede «incontri regolari con gli operatori» e, sul lungo periodo, esorta a «sostenere il riconoscimento del Porto franco per i vantaggi che ne deriverebbero».
L’imprenditore Enrico Pacorini ammette infine di «non saper indicare una priorità dopo 550 giorni di dossier accumulati, ma abbiamo fatto finalmente un passo avanti dopo lo sconcertante vuoto cosmico in cui non avremmo mai dovuto trovarci». —
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