«In alto, a costo di sacrifici»: Bossi e Mabilo sono riusciti a emergere ma hanno dovuto lasciare casa

Partite da Trieste due giovani che ce l'hanno fatta nel volley nazionale

TRIESTE Due giovani che ce l'hanno fatta nel volley nazionale. Ma per puntare in alto, ci vogliono sudore e sacrificio. Ha 24 anni ed è ormai un atleta fatto e compiuto, il centrale della Powervolley Milano Elia Bossi. Nato a Trieste, ha iniziato a muovere i primi passi a 11 anni, come molti giovanotti longilinei in bilico tra basket e pallavolo, poi si è spostato nel vivaio della Fincantieri Monfalcone per la cui casacca ha militato in Under 16 e U18. Modena lo scopre nel Trofeo delle Regioni del 2009, ormai dieci anni fa, nella più grande vetrina della pallavolo giovanile, una kermesse che ha da sempre espresso i migliori talenti. E da allora ha bruciato le tappe sia in Under 18 che U20 con Modena, venendo anche eletto il miglior centrale U19 nel 2012.

Storia certo che sembra già acqua passata, ma che Elia ricorda con affetto e con nitida memoria, avendo tratto in quegli anni gli insegnamenti più vividi e importanti: scoperto da coach Andrea Tomasini, e spronato nelle file della Fincantieri, vera scuola di vita e rampa di lancio, per il centrale. Che invita i giovani a fare come lui: «Ascoltare le persone adulte e capaci, gli allenatori, vivere al massimo la propria passione per questo sport e cercare di fare nuove esperienze. Staccarsi da casa e dal "cordone" familiare per puntare a campionati di livello, per non avere mai il rimpianto di non averci provato». Bossi è emerso, si è sacrificato e ha lavorato duramente per raggiungere la SuperLiga maschile di A1, la Nazionale, i traguardi giovanili. Eppure, scherzando, ricorda come, alla domanda «Che cosa farai da grande?», da ragazzino non avrebbe mai risposto «Giocare a pallavolo». Ed invece il destino e la vita gli hanno proposto tutt'altro, concedendogli palcoscenici sportivi di primo piano.

La triestina Noura Mabilo inizia da giovanissima, alle elementari, con i centri estivi del Cgs Coselli. Poi a 14 anni approda al Club Italia, e da là si sono aperte le porte del professionismo. «Ringrazio i miei primi allenatori, e ricordo come al Club Italia di quella volta ci fosse un progetto di crescita individuale, di costruzione dell'atleta: non c' erano obiettivi di squadra - spiega Noura - Ai giovani che si affacciano a questa disciplina dico che è uno sport divertente, formativo, che insegna un sacco di cose, tra cui i valori della vita e i rapporti con gli altri. Ma devi anche essere pronto al sacrificio, a rinunciare alle uscite con gli amici e ai week-end liberi. La pallavolo mi ha aiutato a maturare, soprattutto dopo le difficoltà dovute alla lontananza. Lasciare genitori, amici, la propria città, passare in una realtà caotica come Milano, è stata una cosa difficile e traumatica, ma pian piano mi sono abituata, anche grazie a società e compagne di squadra in cui ho trovato una seconda famiglia».

Noura, che assieme a Sara Bonifacio è stata nel 2014 madrina del sorteggio dei Mondiali femminili in Italia, invita le società di spicco, quelle di A e B, a puntare sui vivai e dare largo ai giovani. E ammette la fortuna, dopo tanto vagare, tra Novara, Sardegna e Caserta, di aver trovato una realtà speciale quale il Cus Torino, dove lo studio va di pari passo agli allenamenti, come fossimo in un campus universitario anglosassone o americano. «A Torino il Cus cura il futuro delle atlete, la preparazione universitaria, e propongono borse di studio e tutor. Io mi sono iscritta al corso di Scienze della Comunicazione, e qui possiamo frequentare le lezioni ed anche saltare gli allenamenti se abbiamo da sostenere un esame. Ho anche compagne più giovani, e tante sono le formazioni "green" del vivaio del Cus che si allenano con noi. A Carnevale abbiamo partecipato ad un torneo per Under tra 12 e 14 anni, seguendo le partite e incoraggiando le ragazzine e premiandole alla fine». —I

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