Morì d’amianto, il Comune di Trieste paga un milione

TRIESTE Dopo anni di controversie legali, il Comune verserà oltre un milione di euro di risarcimenti per Roberto Persich, ex dipendente comunale, ucciso nel 2008 da un mesotelioma della pleura.
Nel novembre scorso il tribunale ha emesso una sentenza che attribuisce all’ente locale un concorso nelle responsabilità al 60%. Nei prossimi giorni arriverà in Consiglio comunale una delibera per un debito fuori bilancio con la quale l’ente stanzierà la cifra pattuita: «I fondi sono già stati accantonati - spiega l’assessore al Personale Roberto Treu -. Non abbiamo ritenuto opportuno ricorrere in giudizio, sia per l’oggettiva concordanza fra le sentenza nel dare ragione al ricorrente, sia per una questione di opportunità sociale». L’ammontare preciso del risarcimento è di circa 820mila euro per la famiglia e di 297mila euro per l’Inail.

La storia di Persich segue il copione tragico di tanti lavoratori del pubblico e del privato di quegli anni che operavano dalle grandi fabbriche alle ferrovie. Oppure, come in questo caso, nelle officine. Roberto Persich entrò a far parte del personale comunale negli anni Ottanta dopo aver lavorato in altre due officine. In quel decennio e in quello successivo lavorò come meccanico manutentore dei grandi mezzi della nettezza urbana.
Era un periodo in cui l’amianto era ancora diffuso sui posti di lavoro: in particolare, spiegano gli uffici comunali, nei ferodi dell’impianto di frenata dei mezzi. Prima di essere promosso autista, Persich lavorava nell’officina di via Orsera. La parte principale del suo lavoro consisteva nella sostituzione di freni, nel montaggio dei tubi di scarico, nella riparazione di frizioni. Tutte componenti che all’epoca contenevano micidiali fibre di amianto e sulle quali i dipendenti comunali lavoravano senza che venisse imposto loro di seguire appropriate norme di sicurezza.
In seguito Persich fu promosso autista, ma il tempo di latenza del mesotelioma della pleura, una delle malattie che possono conseguire all’esposizione all’amianto, è lunghissimo. L’uomo morì soltanto otto anni fa ad appena 46 anni.
Iniziò allora la battaglia della famiglia, la moglie e i due figli, per avere giustizia. Un primo procedimento, verso il dirigente della nettezza urbana dell’epoca, si è concluso nel 2011 quando l’imputato è a sua volta deceduto. Poco dopo la vedova di Persich, Santina Pasutto, ha presentato un ricorso al Tribunale del Lavoro ai fini del risarcimento.
La causa è durata qualche anno, spiegano gli uffici comunali, perché in questi casi sono d’obbligo perizie e controperizie. A fine 2015 il giudice ha accertato una responsabilità del Comune pari al 60%: visto il lunghissimo tempo di incubazione delle patologie asbesto-correlate è difficile individuare con certezza assoluta il responsabile. A quel punto il Comune aveva 120 giorni a disposizione per pagare la cifra stabilita oppure per ricorrere.
Spiega l’assessore Treu: «Già da tempo avevamo accantonato i soldi, prevedendoli nei precedenti bilanci del Comune - dice -. Abbiamo ritenuto opportuno metterli da parte perché non ci sembrava opportuno ricorrere in un caso del genere se la sentenza fosse stata sfavorevole. Peraltro i pronunciamenti sulla vicenda del signor Persich erano univoci. In questi casi il tribunale tende giustamente a riconoscere le ragioni del lavoratore». Sia per ragioni di convenienza che per «considerazioni di carattere sociale» il Comune ha quindi deciso di deporre le armi. La delibera dell’assessorato prevede lo stanziamento del milione abbondante di euro: approderà nell’aula del consiglio comunale nei prossimi giorni e, almeno da questo punto di vista, la famiglia di Roberto Persich vedrà riconosciuto anche in pratica il torto subito.
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