Tassinari: il Carciotti non dev’essere soltanto un museo

Il neoassessore: in città già tanti progetti, ora bisogna riuscire a realizzarli. Si può fare senza svuotare le casse del Comune
Paolo Tassinari (Foto Graziani)
Paolo Tassinari (Foto Graziani)

Trieste ha “eccesso di identità”, e non sa incanalarle in un percorso leggibile. Si crede «un po’ troppo unica e diversa e dovrà rompere qualche barriera per condividere esperienze con città nel mondo che hanno avuto altrettanto una storia difficile, hanno un porto, e magari sono riuscite anche a trasformare un porto vecchio». Ecco qui Paolo Tassinari, il designer della patinata e premiata ditta “Tassinari/Vetta”, che a poche ore dalla nomina ad assessore alla Cultura prenderà servizio oggi stesso, stamattina le pratiche di “assunzione”, alle 14.30 l’ingresso in assessorato. Inizia un lavoro a tempo, i 20 mesi finali del mandato Cosolini.

Qual è l’idea più sintetica per dire che cosa vorrà fare da assessore?

Crescita. È del resto il mio mestiere: far crescere delle situazioni attraverso un progetto. E a Trieste serve questo: puntare su un progetto, ma portarlo anche a realizzazione. Avere idee e la capacità di trasformarle in progetti è quasi indipendente dalla disponibilità economica. È prima di tutto una capacità intellettuale.

Invece qui si discute e si torna alla casella di partenza?

Ma non solo qui. Diciamo però che Trieste sta all’Italia come l’Italia sta all’Europa del Nord. L’Italia è più lenta dell’Europa e Trieste è più lenta dell’Italia.

La chiamata del sindaco è arrivata a sorpresa oppure è maturata per via?

Ci abbiamo ragionato un po’. C’era un contatto, c’erano scambi di idee su vari temi. Credo però che avere un assessore triestino fosse imprescindibile. La storia di questi ultimi anni dice che serve una persona ancorata alla città, che obbligatoriamente abbia una “responsabilità” verso la città. Tra l’altro a Trieste è difficile far accettare “uno di fuori”.

E lei perché ha accettato?

Per desiderio di dare un contributo. In maniera forse poco educata direi che non ho personalmente bisogno di avere questa posizione. Mi dà enorme felicità, ma il senso è di poter fare qualcosa in un luogo che ha enormi possibilità.

Che girano su se stesse...

Il discorso gira su se stesso se non ha una dimensione pratica, operativa. Il punto centrale del mio lavoro, oltre a non azzerare assolutamente quanto fatto fin qui (sarebbe assurdo e sbagliato) non è di scoprire cose nuove, ma di chiarire gli elementi in campo, per esempio “ricostruire” la storia intera della città è fondamentale, è un impegno etico prima che professionale. Per recupero di memoria e rafforzamento, corretto, di identità. Trieste ha un eccesso di identità, che non si incanala in un’immagine forte.

Che cosa far prevalere?

La qualità, la somma. Gli aspetti storici. La struttura urbana. La cultura letteraria. La scienza che fino a qualche anno fa era del tutto separata dal contesto. Tanti aspetti concorrono, ma ciascuno soffre di discrasia. Di questi vari aspetti, quando per lavoro mi trovo in giro per l’Italia o all’estero, ho un forte riscontro: su Trieste c’è grande sensibilità, ma chi me ne parla come di un luogo magico e felice, e chi mi tiene lezioni aggiornatissime sulla sua letteratura.

Cultura e turismo, binomio anche per lei ormai d’obbligo?

Sarà il mio primo impegno. Di metodo. Voglio favorire in ogni maniera azioni di collegamento e scambio, portando qui personalità che possono da un lato scoprire Trieste, dall’altro offrire alla città un punto di vista diverso, internazionale, aggiornato, giovane. I triestini si ritengono troppo unici. Dimenticano che nel mondo esistono molte città analoghe, con storia difficile, un porto, un porto antico dismesso. Va superata questa barriera.

Lo dica: città provinciale?

Ma no. Tutte lo sono un po’, anche Milano. La città però deve diventare permeabile ad altre esperienze. Per sua conoscenza, sua crescita. Servono dunque parola e racconto, e c’è da sviluppare il linguaggio della comunicazione. Che diventi più europeo, più giovane.

Sì, ma nei fatti? Quali idee?

In questo momento iniziale uno, se le ha, se le tiene. Però un tema-cardine è la conservazione dei “contenitori” e la difficoltà di produrvi dei contenuti.

Salone degli incanti, tanto per non restare vaghi.

Quel restauro della ex Pescheria lascia oggi grandi limiti all’utilizzo. Non si può più farne una biblioteca. E per le mostre pone gravi problemi tecnici. Nasceva come spazio pubblico, dovrebbe tornare “spazio civico”. Non conosco a fondo il progetto per l’Immaginario scientifico, ma per tutti gli spazi cittadini bisognerà verificare quale è il progetto più operativo, e quindi avviarlo.

È Tassinari il nuovo assessore alla Cultura della giunta Cosolini
Paolo Tassinari, nuovo assessore alla Cultura di Trieste

Il sindaco le avrà detto che ci sono pochi o zero soldi.

Vincoli di bilancio “totali” quasi. Va costruita una coincidenza di interessi con capitali privati. Che oggi si trovano cercando lontano. O anche vicino, magari, purché di fronte a un quadro di sviluppo certo, nei modi e nei tempi. Nessuno si muove più nell’incertezza. Bisogna cercare a mente aperta, e ad ampio raggio. All’estero.

Palazzo Carciotti, e siamo alla “croce” numero due.

È la tipica struttura che prima di tutto va conservata. Come usarla è discorso molto delicato. Perché è delicato trasformare una dimora in un museo. Però basta andare a vedere il Museo della città a Bologna per capire come un palazzo storico con un allestimento molto “forte” ha consentito di non far prevalere la natura dell’edificio sulla tematica. Il Carciotti inoltre è anche monumento, è simbolo. Non ne farei solo un museo. Prima di questo vanno però sostenute le attività correnti, molte, spesso dei gioielli: festival, teatri, TriestEstate, mostre con Slovenia e Croazia. E servono percorsi “leggibili” in città...

Entra il “visual designer”?

Ma ci sono già tante persone al lavoro sul tema. Serve adesso uno sforzo redazionale di coordinamento, per evidenziare con un linguaggio di comunicazione aggiornato, europeo, i vari percorsi possibili in una città che a questo racconto si presta benissimo. Si può fare. Anche senza svuotare le casse del Comune per i prossimi 20 anni.

Starà più in assessorato o alla “Tassinari/Vetta”?

Per i primi tempi il mio impegno in Comune sarà consistente. Ma lo studio è forte, ha spalle grosse. Ci sono 12-13 persone al lavoro. E sono tutti molto entusiasti per questo mio incarico: quegli incoscienti!

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