Dal Carso allo Zingarelli le osmize conquistano di diritto la lingua italiana

La nuova edizione del più importante vocabolario nazionale inserisce tra i nuovi lemmi il termine derivato dallo sloveno che indica i tipici locali dell’altopiano 

La parola "osmiza" entra nel dizionario: cinque cose da sapere

TRIESTE Dopo “iota” e “pinza”, dopo “bora” e “mulo”, dopo “ciacolare” e “alabarda” nel dizionario Zingarelli della lingua italiana, il Gotha della lingua nazionale, entra un altro termine tutto triestino. Tra i circa mille neologismi semantici e lessicali introdotti nell’edizione 2019 del vocabolario edito da Zanichelli figura infatti la parola “osmizza”, o “osmiza”, là dove si vendono e si consumano vini e prodotti tipici direttamente nei locali e nella cantine dei contadini che li producono su tutto l’altopiano carsico. Rilevata per la prima volta nel 1968 in un testo di lingua italiana, lo Zingarelli ne evidenzia la derivazione dallo sloveno “osem”, cioè “otto” come i giorni d’apertura consentiti in origine, e la descrive come “osteria rustica segnalata da una frasca, presente specialmente nell’altopiano carsico tra Italia e Slovenia, aperta stagionalmente, che offre prodotti locali quali vino, uova sode, affettati, formaggio, ecc. ”.

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A preannunciarne l’ingresso ufficiale in quella sterminata fabbrica di parole che è lo Zingarelli era stato l’anno scorso, in un’intervista al Piccolo, uno dei suoi due curatori, il lessicografo triestino Mario Cannella. Da 23 anni Cannella registra le variazioni semantiche e i neologismi lessicali della nostra lingua per consegnare ai lettori dello Zingarelli un’edizione annualmente aggiornata: quest’anno il dizionario contiene 145. 000 voci e più di 380. 000 significati. Le nuove parole accolte nell’edizione 2019 ci dicono molto della nostra evoluzione socioculturale: fotografano un Paese scettico, incline alla polemica, spesso contrario e antagonista a prescindere. Un atteggiamento diffuso è quello di “chi si oppone sistematicamente a ogni iniziativa e proposta”, che lo Zingarelli definisce antitutto. Un termine che è uscito dal gergo prettamente giornalistico per diffondersi nel lessico comune, e in particolare nei social: su Twitter si è trasformato in un gettonato hashtag. Ma evidentemente il Belpaese ama anche la convivialità, se l’osmiza, simbolo dell’allegro stare insieme nel nome di una gastronomia locale, entra ufficialmente fra i termini della ingia italiana.

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Professor Cannella, come ci aveva annunciato il termine osmiza è finalmente entrato nel dizionario. È il primo di origine slovena?

«No - risponde Cannella-, nello Zingarelli ci sono altre parole di origine slovena. Come baba, vecchia o donna pettegola, che presentiamo con una citazione di Italo Svevo: “Gli uomini facevano la convalescenza in bottega e le babe in letto”. Ma c’è anche il termine lipizzano, riferito ai cavalli di Lipica, che deriva da lipa (tiglio) e la parola dolina, derivato di dol (valle). Lo slivovitz, celebre grappa di prugna, viene invece dal tedesco Sliwowitz e prima ancora dal serbo. Curioso è il termine stravizzo, che deriva dal croato zdravica (brindisi) ed è il nome della riunione annuale degli accademici della Crusca ai tempi della sua fondazione: il termine, che richiama l’italiano stravizio, veniva utilizzato per connotare gli aspetti conviviali dell’incontro».

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La prima attestazione di osmiza viene fatta risalire al 1968...

«Nel caso di parole di derivazione straniera ne recepiamo l’uso in testi di lingua italiana, e così tracciamo la prima attestazione. Si tratta di un lavoro in divenire, migliorabile: ci affidiamo ai database, principalmente gli archivi dei giornali e l’archivio di Google libri in lingua italiana, mentre per i testi più antichi ci viene in aiuto la digitalizzazione delle copie e la filologia computazionale. Ma occorrono mille precauzioni e a volte arrivano anche segnalazioni dei nostri lettori, che hanno ritrovato il termine in una fonte diversa, perciò provvediamo alla retrodatazione».



Lo scettro di neologismo dell’anno sembra invece andare al termine antitutto, che si accompagna ad antibufale e antivaccinista. Siamo nell’epoca degli anti-?

«La comparsa della parola antitutto è del 1927, ma il termine si è affermato recentemente e fotografa un atteggiamento diffuso. Il prefisso anti-, che si ritrova in antibufale, fa il paio con filo-, che davanti a un sostantivo fa per esempio antiamericano o filoamericano. Il no– come primo elemento invece, come in no-Tav o no-vax, è di origine più recente e funziona molto bene negli slogan. Ricalca modi inglesi, che privilegiamo per la loro brevità».

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Quindi antitutto non è propriamente un neologismo?

«È una nuova parola sul vocabolario, ma per essere davvero un neologismo dovrebbe essere di nuovo conio. Gran parte di quelli che definiamo neologismi sono invece parole che sono state coniate anni e anni fa ma sono rimaste dormienti fino a oggi. Come il termine salottismo, un modo sarcastico per definire la frequentazione dei salotti mondani: l’abbiamo introdotto in questa edizione, ma la sua origine risale agli anni’20 del Novecento».

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Quest’anno è stato introdotto anche la locuzione analfabetismo funzionale. Come sta l’italiano?

«La difficoltà nel comprendere e nel redigere testi minimamente complessi è influenzata dalla scarsa abitudine a cimentarsi con questi testi, che non sono la somma di brevi frasi come si usa su Twitter, su What’s App e nei social. È vero che la gente scrive molto più di prima, ma i testi complessi sono limitati all’uso delle e-mail. Ai miei nipotini raccomando sempre: leggete, leggete...».

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Può anticiparci qualche neologismo che entrerà nel prossimo dizionario? L’anno scorso pronosticava ciaone...

«Sì, ciaone entrerà nell’edizione 2020. Ma entrerà anche Istrioto, come “lingua romanza dell’Istria meridionale”».


 

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