Erdogan spinge avanti la Turchia sarà l’Ataturk del terzo millennio
Nella lingua turca il termine laiklik, laicità, non esisteva prima di Kemal Ataturk. Il 'padre dei Turchi', nutrito di cultura occidentale, che conosceva il francese e leggeva i testi dell'Illuminismo, indirizzò il suo Paese dal sonnolento mondo delle corti ottomane verso una modernità laica e occidentale. Nel 2013, quando si festeggerà il centenario della rivoluzione di Ataturk, figura tuttora venerata dai cittadini della mezzaluna, l'attuale presidente Recep Erdogan, al potere dal 2002, vorrebbe essere equiparato al grande vecchio. Eppure il 'sultano', come lo chiamano i suoi detrattori, ha fatto compiere alla Turchia una brusca inversione di rotta rispetto al cammino tracciato da Ataturk. Dalla rivolta di piazza Taksim nel 2013 fino al vigoroso giro di vite seguito al fallito golpe militare di due anni fa, Erdogan ha messo mano alla costituzione, ha imbavagliato la stampa, ha licenziato militari e dipendenti pubblici, ha soffocato le minoranze etniche, tutti colpevoli del reato di 'attentato alla turchità'. Ed è arrivato persino a paventare una possibile reintroduzione della pena di morte. In questo scenario è naturale che si siano bloccati anche i negoziati per l'entrata della Turchia nella Ue. Ma la Turchia vuole veramente l'Europa? Oppure preferisce rivolgersi, come sembra, verso un neo ottomanesimo conservatore che la vorrebbe mediatrice tra i paesi del vicino oriente?
Domande cui cerca di dare una risposta Gerhard Schweizer, autore di “Capire la Turchia.Da Ataturk a Erdogan” (Beit, 490 pagg., 20 euro) che sarà presentato domani alle 18 alla libreria Ubik in Galleria Tergesteo.
Ne parleranno il traduttore del libro, Piero Budinich, la giornalista Fabiana Martini e il professor Diego Abenante.
Schweitzer, studioso delle culture di ambito islamico e orientale, andando alle origini dei cambiamenti che hanno portato la società turca, che non era stata mai irretita da nessun fondamentalismo, a dare sempre maggior peso ai partiti di orientamento islamico, focalizza la sua attenzione su Erdogan e sul suo pragmatismo. Il 'sultano' ha saputo destreggiarsi abilmente su più tavoli, non ultimo il conflitto siriano, giocando la carta per ora vincente della crescita economica. I turchi hanno accettato di rinunciare al pluralismo e di vedersi ridurre gli spazi di libertà, in cambio di un miglioramento delle condizioni economiche. Qui sta il punto. Se la locomotiva turca continuerà a tirare Erdogan fra cinque anni potrà ambire di essere l'Ataturk del terzo millennio, altrimenti le tante contraddizioni potrebbero esplodere e presentargli il conto. —
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