I fantasmi sono tornati ma non fanno paura fra tablet e smartphone

Il remake firmato da Gil Kenan del famoso film del 1982 perde la carica di critica sociale che aveva l’originale
Di Beatrice Fiorentino

È tempo di remake, sequel e reboot nella vecchia Hollywood, e a quanto pare niente e nessuno riesce a sottrarsi al destino del rilancio e del riadattamento. Così, incastrato tra "Jurassic World" e l'imminente rientro in scena di "Terminator", torna in sala anche "Poltergeist", uno dei titoli horror di maggiore successo degli anni '80, inserito nel filone delle "case maledette".

Correva l'anno 1982. Tobe Hooper si accostava alle demoniache presenze che infestavano la casa della famiglia Freeling, costruita su un vecchio cimitero indiano, al servizio di Steven Spielberg, che del film è autore della sceneggiatura e produttore. La mano del regista della New Hollywood, seppur dietro le quinte, si sentiva non poco. Ma non, come qualcuno ancora afferma storcendo il naso, in accezione negativa. "Poltergeist", a pensarci bene, è il contraltare di "E.T. - L'extra terrestre", titolo con cui presenta una lunga serie di analogie declinate in chiave orrorifica anziché romantico/fantascientifica. Le stesse villette a schiera, i vialetti e le bici da cross, le famiglie della middle-class e il mondo infantile che ancora una volta diventa il tramite per comunicare con "altri mondi".

Il "Poltergeist" originale nasce in un contesto preciso: quello dell'America reaganiana. La vocazione politica del film è evidente fin dalla prima inquadratura che si apre con l'inno nazionale americano alla fine delle trasmissioni televisive del giorno. La tecnologia, tutt'altro che rassicurante, sta iniziando a permeare la vita quotidiana, i telecomandi sono oggetto di uso comune e i televisori, in pieno periodo di crescita economica, si trovano in ogni stanza della casa. In quel milieu il "poltergeist", il fenomeno paranormale, ha un'azione violentemente eversiva sulla famiglia che si sta lentamente conformando al consumismo capitalista e all'edonismo reaganiano.

Questa lunga premessa è necessaria al momento di analizzare un film che si pone come copia del suo antesignano e quindi non può prescindere dal necessario confronto. Il nuovo "Poltergeist", diretto da Gil Kenan, ripropone, con alcune piccole variazioni, lo stesso plot di allora.

La famiglia Bowen, coi suoi tre figli, si è appena stabilita in una nuova casa, su un terreno da poco edificato. Nell'abitazione iniziano subito a verificarsi presenze minacciose finché una notte, improvvisamente, la piccola Madison sparisce.

Il tentativo di aggiornare il contesto ai giorni nostri, fino a un certo punto, regge. La famiglia Bowen, certamente vittima della crisi, si trasferisce malvolentieri nella nuova abitazione, probabilmente incapace di mantenere lo status economico precedente (quello degli anni '80 e 90?) dopo che il capofamiglia (Sam Rockwell) ha perso il lavoro. Al contrario dei Freeling, non ha partecipato, magari speculando, alla costruzione di quell'Eden omologato che oggi ha perso tutto il suo charme. Lo subisce, ne è la vittima. E gli schermi si moltiplicano. Il vecchio televisore a tubo catodico diventa tv al plasma, smartphone, tablet. Ma contrariamente a quanto avveniva in passato, la tecnologia diventa alleata e non più veicolo per l'invasione soprannaturale. Sarà un drone con telecamera a guidare il piccolo Griffin nel mondo degli spiriti alla ricerca della sorellina rapita, come sarà un personaggio della televisione, Carrigan Burke, protagonista del programma "Haunted House Cleaners" a fare da "medium" tra le due dimensioni.

Nel nuovo "Poltergeist" regna la fretta. I fenomeni paranormali si manifestano fin dall'inizio annullando il crescendo emotivo che c'era nel vecchio, dove le presenze, in un primo momento accettate in virtù di un'apertura mentale figlia degli anni '70, si materializzano in maniera quasi impercettibile e solo un po' alla volta si fanno più invadenti e minacciose. La fretta, al pari degli "spiegoni", appiattiscono la tensione della scoperta, annientano il conflitto dei personaggi e ne sfumano le contraddizioni. Il nuovo "Poltergeist" non critica nulla, si limita a constatare i fatti sospeso a metà tra il riadattamento e il citazionismo filologico.

@beafiorentino

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